Forse il cinepanettone, per come lo abbiamo visto e consumato dai primi anni Ottanta, è prossimo a rivedere molte modalità acquisite, a correggersi e riapparire in contesti più ampi, a scrivere le proprie (dis)avventure dentro scenari improntati a ironia, sarcasmo, toni grotteschi, tutto all’insegna del tratto non eliminabile dell’equivoco, della scambio di identità, della beffa.  

Natale col boss è la proposta che Aurelio De Laurentiis lancia sul mercato delle festività 2015.  Ad aprire la storia ci sono Leo e Cosimo, due poliziotti piuttosto goffi in fase di pedinamento di un potente boss di cui nessuno conosce il nome. Sapendosi in pericolo il boss decide di cambiare i propri connotati e si rivolge ad Alex e Dino, due chirurghi plastici abituati a effettuare radicali interventi. Le figure centrali della vicenda (i poliziotti, i chirurghi) cominciano in modo staccato per ricongiungersi nel corso della storia. Sembrano quasi due episodi ‘a sé stanti’, ma con sottile abilità lo script tira le fila di un plot unico, per allontanarsi dal vecchio meccanismo delle trame ridotte.

Natale col boss ha un inizio un po’ faticoso, ci vuole qualche momento di rodaggio prima che il meccanismo comico si metta in movimento e la sequenza degli equivoci entri a pieno titolo nei passaggi narrativi. In regia le scelte di De Biasi favoriscono un ritmo svelto, dinamico, si direbbe più ‘moderno’ se fosse possibile individuare una ‘modernità in gesti e azioni talvolta impercettibili. Le coppie protagoniste (Lillo e Greg; Mandelli e Ruffini) spremono fino in fondo il rispettivo repertorio di sguardi allucinati, occhi spalancati, sorprese e incredulità. Accanto a loro si muovono Giulia Bevilacqua, Peppino Di Capri e una schiera di adeguati caratteristi napoletani.

Il gruppo che ha scritto il copione si è sforzato di giocare con le mille sfumature di una commedia un po’ italiana un po’ multi regionale.  Il risultato è un prodotto leggero, misurato, decisamente commestibile. Perché di veramente natalizio è rimasto ben poco, ma è una festa nella quale qualcosa bisogna pur mangiare.