A prima vista, Napoleon Dynamite potrebbe sembrare nulla di più che un semplice nerd: capelli crespi e rossicci, spessi occhiali da vista, abbigliamento improponibile (con tanto di doposci stile "scarpe spaziali"), sguardo inebetito. Dopo un'analisi più approfondita, invece, il ragazzo dimostra non solo di essere un vero nerd, ma di assurgere a condottiero incontrastato della categoria: incurante della considerazione altrui, contaballe inarrivabile, Napoleon gode di scarsissima popolarità al liceo e divide l'appartamento della nonna con un fratello ultratrentenne che, se possibile, è ancora più tardo di lui, al punto da trascorrere intere giornate chattando. Ma i condottieri, si sa, verranno ricordati nei tempi futuri per l'imprevedibilità e la spontaneità  delle loro performance…
Fenomeno di culto negli Stati Uniti (400.000 dollari per realizzarlo, 45 milioni di dollari incassati), Napoleon Dynamite - opera prima del giovanissimo Jared Hess (ventiquattrenne all'epoca delle riprese) - nasce e si sviluppa come prosecuzione di Peluca, precedente cortometraggio dello stesso regista che, insieme all'ancor più acerba mogliettina (cosceneggiatrice), si è ispirato quasi totalmente alle persone con le quali è cresciuto nell'Idaho per tratteggiare la fisionomia dei personaggi. Il risultato, che non può non prescindere dalla prova di un fenomenale Jon Heder nei panni dell'irrimediabilmente stupido protagonista, è a dir poco sorprendente. Esulando da qualsiasi schematizzazione (non è solo una commedia, non è solo demenziale e non è semplicemente grottesco) e rischiando più volte di esser frainteso per "fiacchezza strutturale", il lavoro di Hess si propone quale unico e "reale" sguardo sulla naturalezza dell'essere idiota, senza moralismi e, ancora meglio, senza "l'ansia del riscatto a tutti i costi" rinvenibile in antesignani modelli (vedi un altro cult movie come La rivincita dei Nerds). La miglior caratteristica di Napoleon, e di tutto il microcosmo che lo circonda (il già citato fratello, l'altro sfigato amico di scuola e uno zio terribilmente patetico), risiede proprio nella sua stupidità: il resto del mondo sembra saperlo e, quasi misticamente, ogni volta pare rallentare dinanzi a lui, troppo vero per essere vero. Da antologia il ballo finale.