Le vie della commedia sono finite? My Italy potrebbe essere il film adatto ad alimentare la polemica nata dalle colonne del Corriere della Sera. Quanto è profonda la crisi della commedia italiana? I critici sbagliano nel citare a ripetizione Germi e Monicelli per analizzare le deficienze di oggi? Il dibattito è aperto. È ovvio che non si può più ragionare con il metro di una volta, quando la commedia viaggiava a stretto contatto con la realtà. Nuove forme di linguaggio hanno sostituito la satira con la parodia, figlia della televisione e dei remake in salsa italiana di qualche prodotto straniero. My Italy prova a essere una voce fuori dal coro, ma purtroppo si rivela un vorrei ma non posso. Mostra ambizioni da “cinema d’autore”, che mal si accompagna con siparietti fin troppo stravaganti. La trama fumosa è spesso un pretesto per oscure disquisizioni filosofiche: l’arte, il senso della vita, il viaggio, gli interventi del critico Bonito Oliva, le presenze spiritiche, i filmini osè del secolo scorso, e chi più ne ha più ne metta. Sul finale, neanche gli attori sanno qual è la trama del film. Ma ci proviamo noi.

Un produttore e il suo assistente si recano a Varsavia in cerca di finanziamenti per il loro nuovo film. Li aspettano incontri con personaggi strampalati e situazioni surreali, dove a trionfare è l’amore per l’Italia. All’odissea del produttore si alternano le avventure di quattro artisti contemporanei, che interpretano se stessi alle prese con i vizi e le follie del Bel Paese. I quattro sono: Mark Kostabi, pittore e disegnatore americano, lo scultore polacco Krzystof Bednarski, il performer malese H.H.Lim e il videoartista danese Thorsten Kirchhoff. In un viaggio onirico attraversano l’Italia da cima a fondo per nutrire la loro esuberante produzione artistica in una terra che ha nella cultura la sua principale ricchezza. I percorsi si incrociano solo davanti alla Casa del Cinema di Roma, dove ognuno di loro pensa di assistere a un film di cui è protagonista. Ma la sorpresa è dietro l’angolo.

My Italy è pieno di buone intenzioni, ma si perde per strada. La voglia di realizzare uno spettacolo sull’arte, intesa come essenza più pura, scolora in una messinscena molto al di sotto delle ambizioni. Il punto di vista eccentrico (talenti stranieri in rapporto all’Italia) fa a pugni con le figure macchiettistiche dei gregari Rocco Papaleo e Nino Frassica, che quasi per caso incrociano i nostri artisti. Uno s’improvvisa idraulico e l’altro gestisce un’officina, ma tutti e due non sono in grado di aggiustare un film zoppicante, che spazia dal soprannaturale al noir, dal documentario alla commedia demenziale. Gli obiettivi di My Italy restano in gran parte lettera morta e le situazioni forzate trasformano il film in un’occasione perduta. L’elogio della creatività è più che encomiabile, ma nemmeno qualche bella inquadratura basta a salvare un impianto farraginoso.