C’è un grande pupazzo blu, con la voce di Neri Marcorè, che accompagna lungo tutto il film la protagonista di questa storia, che è in primis la storia di un senso di colpa mai sopito.

Valentina (Martina Gatti per la prima volta sul grande schermo dopo la serie tv Skam) sente di essere un disastro e che “qualsiasi cosa tocchi la rovini”. Per lei “la vita fa schifo” da quando un giorno suo fratello è morto tuffandosi da una scogliera dopo aver fatto una sfida con lei.

Da allora tutto è andato per il verso sbagliato: sua madre (Caterina Guzzanti) l’ha abbandonata, lei ha iniziato a farsi di PCP, un oppiaceo derivato dalla morfina, e suo padre (Gian Marco Tognazzi) è deciso a mandarla in un rehab in Austria.

E poi, come se non bastasse, c’è questo enorme pupazzo che non la molla mai ricordandole costantemente che suo fratello è morto per colpa sua. La sua vita cambierà quando entrerà in scena il timido Antonio (Alessandro Sperduti), che riuscirà in qualche modo a modificare la sua visione pessimistica del mondo e della vita.

L’opera prima di Matteo Gentiloni Mollami è in sostanza una commedia che affronta argomenti tristi in chiave un po’ cinica e cattivella.

Per farlo il regista sceglie un linguaggio più libero e ammicca continuamente allo spettatore: personaggi che parlano con lo sguardo in camera e cartelli con scritte che commentano le scene (tipo “Per un pelo..” o “Lo sta intortando” con relative freccette). Senza dubbio originale, ma queste trovate e allo stesso modo il pupazzo stile Ted non bastano a rendere questo film degno di nota.