1970– 1978, otto anni nella vita di Harvey Milk: da giovane attivista a favore delle minoranze gay all'elezione a supervisor (consigliere comunale) di San Francisco, fino all'omicidio per mano di un collega (Josh Brolin) omofobico e, soprattutto, invidioso. E' Milk, il biopic militante di Gus Van Sant dedicato al primo omosessuale dichiarato ad avere un incarico pubblico negli Usa: "Era una storia importante su un personaggio straordinario: valeva la pena raccontarla", dichiara il regista, sconfessando in parte le analogie con il neopresidente Usa: "Entrambi lottano per i diritti delle minoranze, ma Milk veniva dalla strada, Obama da un contesto politico solido". Sullo schermo, la vita di Harvey - gli amori (James Franco) e le passioni (l'opera, Tosca su tutti), l'attivismo e la mediazione, i lutti (il suicidio di un compagno, Diego Luna) e le gioie (l'elezione per il quartiere Castro, al terzo tentativo) – e la straordinaria interpretazione che ne dà Sean Penn, con una metamorfosi da mozzare il fiato. E' lui l'unico pezzo forte di un biopic lontano dal minimalismo e dalla rarefazione del miglior Van Sant, che abbracciando con passione la storia di Harvey ce la riconsegna in una cornice tradizionale, se non involuta. Candidato a otto premi Oscar: miglior film, regia, attore protagonista, non protagonista (Josh Brolin), sceneggiatura originale, montaggio, costumi e colonna sonora.