Garin Nugroho è uno dei più noti registi indonesiani, le cui opere sono passate con successo a Cannes, Berlino, Venezia. Attento ai temi culturali, sociali e politici del proprio paese ha spesso posto l’attenzione su momenti o situazioni che ne raccontano le radici e i cambiamenti.

Non si smentisce nemmeno questa volta con Memories of My Body, riflessione sul femminile e il maschile in  una Indonesia che ha al suo interno la più grande comunità islamica del mondo. 

Diviso in atti, il film è la storia  di Juno, un orfano accolto in una scuola di danza Lengger caratterizzata dalla particolarità che i ballerini nel tempo si trasformano fisicamente per poter dar vita a parti maschili e femminili. Una decostruzione  del corpo che per Juno significa anche la scoperta di poter vivere la sessualità in forme diverse.

Essere uomo o donna non ha confini, rivela il corpo di Juno. La sessualità è un sistema fluido legato alla comunicazione fisica e mentale, non per questo facile da accettare da parte degli altri.  Infatti per il protagonista la vita si fa sempre più dura man mano che gli anni passano e l’oltranzismo religioso prende piede.

Melodramma di amore e morte, Memories of my Body conferma le qualità di un regista che ha nella perfezione estetica una delle sue cifre. Potente visivamente, eppure allusivo e misterioso, il film è un doloroso atto di denuncia sulla impossibilità di vivere liberamente in un paese dominato dal radicalismo islamico.