“È meglio vivere un giorno solo da leoni che vivere cento giorni da schiavi”. Lei è Malala Yousafzai, la bambina, ora diciottenne, Premio Nobel per la Pace nel 2014 come riconoscimento per la sua forza, il suo coraggio e la sua ribellione. Il Premio Oscar David Guggenheim (Una scomoda verità) presta la macchina da presa a Malala e fa in modo che sia lei stessa a condurre per mano lo spettatore attraverso i suoi ricordi e la sua storia. È il 9 ottobre 2012 quando, appena quindicenne, è ferita da un gruppo armato di Talebani mentre si trova sullo scuolabus. Un colpo quasi mortale che la costringe a lunghi mesi di cure e riabilitazione. Malala “aveva commesso” un terribile errore. Urlare in pubblico il suo pensiero: tutti devono potere andare a scuola, anche le donne.

Malala, nelle sale italiane da oggi e distribuito da 20th Century Fox, è un racconto di coraggio e amore. La storia di una famiglia non convenzionale in una terra difficile come il Pakistan, precisamente la Valle di Swat. Documento e testimonianza di una vita, di una bambina come tante altre. Come dice la stessa Malala nel film: “In qualsiasi parte del mondo, in qualsiasi paese, di qualsiasi religione ci sono bambini che non possono andare a scuola”. Una ragazza che se pur ha trascorso gli ultimi anni incontrando capi di Stato, alte istituzioni, rock star alla fine della giornata deve tornare a fare i compiti...

Quanto c’è dell’educazione familiare dietro una così giovane donna? È Malala a raccontare e mostrare il legame viscerale e indissolubile con il padre Ziauddin Yousafzai, attivista e maestro di scuola forse troppo “sognatore” che ha trascorso la vita insegnando agli studenti a ribellarsi alla tradizione, alla loro storia, e a far sentire la propria voce. La scuola nella Valle dello Swat, a circa 100km dalla capitale Islamabad, era la sua casa e lo era anche per Malala. “Lo studio rende indipendenti e liberi”, è il motivo della sua lotta, tenacia e determinazione.

All’età di undici anni Ziauddin Yousafzai incoraggia la figlia a scrivere un blog per la BBC sotto lo pseudonimo di Gul Makai. È qui che Malala inizia il suo racconto, la vita di una ragazzina in una città tiranneggiata dai Talebani, in cui le scuole sono fatte saltare in aria ed è necessaria una lotta alla sopravvivenza.

Il film intimo e confidenziale Malala è ispirato al libro Io sono Malala, divenuto ormai un best seller, e già dalle scene iniziali tiene alta l’attenzione e senza troppi giri di parole “scaraventa” lo spettatore nella storia. Tra interviste, frammenti di animazione, stralci di vita privata e pubblica, il regista ricostruisce una delle vicende che più hanno commosso il mondo negli ultimi anni. La storia di Malala, la bambina eroina.

Dopo l’attentato Malala ha iniziato una nuova vita con la sua famiglia a Birmingham. Gioca e litiga con i fratelli, guarda e ride davanti ai Minions, tifa per Roger Federer e il suo libro preferito è L’Alchimista di Paulo Coelho. Pur conducendo una vita normale continua la sua campagna a favore dell’uguaglianza.