È davvero una bella sorpresa L'uomo di vetro di Stefano Incerti, tratto dal romanzo omonimo di Salvatore Parlagreco (ed. Bompiani), e ispirato alla vicenda di Leonardo Vitale, giovane capodecina e primo pentito mafioso che negli anni '70 iniziò a fare nomi e cognomi, anche illustri, ottenendo come risultato quello di entrare ed uscire dal carcere, essere internato per 11 anni nel manicomio criminale per poi essere freddato da un sicario, non appena tornato in libertà, con 5 colpi di pistola. Dopo il non convincente La vita come viene, Incerti prende in mano un soggetto scomodo (rielaborato da Heidrun Schleef e adattato per lo schermo con la collaborazione dello stesso Parlagreco) e riporta a livelli quasi dimenticati il cinema di denuncia sociale, con tanto di "epigrafe" finale firmata Giovanni Falcone. La famiglia - ben rappresentata dal dolore di madre (Bonaiuto) e sorella - e "la Famiglia" (lo zio Tony Sperandeo che, di fatto, lo trasforma da giovanissimo in "uomo d'onore" per poi convincerlo a dirsi pazzo dopo le deposizioni) - diventano microcosmi quasi sovrapposti e concatenati, dove il tessuto quotidiano e la speranza di una realtà differente si scontrano su un omertoso e generalizzato modus vivendi: "meglio che la gente continui a crederti fuori di testa piuttosto che credibile reo confesso". Convincente David Coco in un ruolo delicato e a rischio di incontrollabili eccessi, struggente la bellissima Jardinu cantata sui titoli di coda da Barbara Eramo.