Coraggio, sacrificio, altruismo. Questi i sentimenti che animano i giovani protagonisti de L'ultimo dominatore dell'aria, primo capitolo di una futura trilogia, tratta dalla serie animata statunitense Avatar - La leggenda di Aang e diretta da M. Night Shyamalan. Per il regista di origine indiana, che non è da tempo sulla cresta dell'onda, potrebbe essere la prova più importante: il precedente E venne il giorno ha convinto poco. A fronte di una critica compatta nella stroncatura feroce, L'ultimo dominatore dell'aria ha ottenuto invece ottimi risultati di pubblico: negli Stati Uniti, dove il film è stato rilasciato per la festività nazionale del 4 luglio, ha retto bene allo “scontro” con uscite molto attese come Eclipse e Toy Story 3.
Al di là del cosiddetto “effetto 3D”, novità (ancora per poco?) capace di attirare le masse, Shyamalan convince, paradossalmente, grazie all'arma della semplicità: in pochi istanti per lo spettatore si apre un mondo fantastico e mitico, che alterna alle spettacolari riprese tra i ghiacci (la location naturale è in Groenlandia) vertiginose costruzioni a picco su foreste lussureggianti. La cosmogonia elementare ed elementale, basata sui quattro elementi e altrettante nazioni in guerra tra loro, è immediatamente chiara, e introduce in un regno di fiaba avvolgente e meraviglioso, in cui Aria, Acqua, Fuoco e Terra possono essere controllati da individui speciali, compatibilmente con la propria “etnia”. Protagonista è Aang, dodicenne che dovrà imparare a gestire poteri e responsabilità; ultima incarnazione dell'Avatar, creatura che può controllare tutti gli elementi, è un prescelto come Harry Potter, e come lui non potrà prescindere da giovani alleati, né dalla ferocia dei nemici.
A far virare decisamente verso la favola è il mancato timore per l'incolumità del protagonista, eroe puro dalle capacità ben superiori ad ogni altro personaggio. Chiaro il messaggio sotteso: il mondo sarà salvato da un manipolo di ragazzini, pubblico ideale di questo film.