Un ritratto privato di Rosario Castellanos, tra le più grandi scrittrici messicane del ventesimo secolo e una delle figure chiave del movimento femminista latinoamericano. Intendiamoci sull'aggettivo "privato": la vita della Castellanos si è svolta perlopiù dentro le mura domestiche, davanti a una macchina da scrivere (parafrasandola, tra scrivere e vivere aveva scelto di scrivere).

Normale che i principali eventi della sua esistenza - morte compresa (un tragico incidente domestico, all'età di 49 anni) - siano avvenuti tra le pareti di casa: l'attività poetica ed intellettuale, la relazione sentimentale con un ideologo marxista, il marito Ricardo Guerra, la tarda esperienza di madre.

Questo confinamento spaziale, se da un lato marca una distanza dal cinema politico tradizionale, dove c'è soprattutto un "fuori" dove infuria la battaglia e i corpi percossi e contundenti sono l'estensione armata delle idee, dall'altro si presta a eccellente metafora della condizione della donna, prigioniera del proprio ruolo all'interno del focolare domestico.

Bisogna riconoscere alla Beristain di aver utilizzato al meglio l'espediente degli interni, vero e proprio ring in cui la Castellanos e il marito combattono una sottile guerra dei Roses di messa in discussione dei rapporti di potere culturalmente istituiti (che l'una vorrebbe superare e l'altro mantenere).

L'ambientazione le permette poi di ancorare la vicenda a una vena intimistica e poetica, fedele al mondo della scrittrice, evocato letteralmente dalle citazioni tratte dalle sue opere (rimandi mai forzati ma sempre giustificati narrativamente) e indirettamente dalla struttura ritmica dell'opera, dove assonanze, ripetizioni, anafore visive si susseguono nella trama senza filo del tempo (passato e presente si intrecciano senza soluzione di continuità).

Perfetti tutti gli attori, in particolare i due che interpretano i protagonisti nella maturità, Karina Gidi e Daniel Giménez Cacho: ben diretti, tengono i loro personaggi al di qua dell'icona (nel caso della Castellanos il rischio c'era) restituendone fragilità e mistero.

L'intento militante di un film come Los Adioses è palese ma non ne pregiudica l'onestà e non si chiude alla naturale complessità della vita.

La Castellanos lo sperimenterà sulla proprio pelle quando il dover essere madre chiederà conto al suo voler essere donna. Natura non sempre si accorda a cultura. Incombe il tempo delle rinunce, che è in fondo quello in cui scegliamo chi essere.

Esiste, dopotutto, una libertà più grande di questa?