Sarà, ma viene in mente Cry me a River. Quello scelto dal regista beur Rachid Bouchareb è il Tamigi, lungo cui scorre l'eco fragorosa degli attentati a Londra del 7 luglio 2005. A evocarla, in presa diretta, due genitori, agli antipodi per cultura, religione, razza: il musulmano Ousmane (Sotigui Kouyaté, ieratico, peterbrookiano, premiato a Berlino 2009 e scomparso qualche settimana fa) e la cristiana signora Sommers (Brenda Blethyn, alle prese con nuovi Segreti e bugie), uniti dalla speranza di ritrovare in vita i figli, divisi dalla risacca ideologica e sfocati dal tappeto afro-arabo-paki-anglosassone su cui il regista li fa rotolare. Senza fretta, prendendosi in 87' le pause del caso, senza clamore, affidando alla tele-visione le news piuttosto che il pathos, senza, comunque, sottrarsi all'esemplarità minuta, all'affresco chimerico della convivenza, del multiculturalismo, del minimo comune umano über alles. Finirà in codice binario, lungo due rive non intersecabili, che stigmatizzano, forse, l'inutilità del cinema alla questione, al netto della bilanciata commozione dispiegata da Bouchareb. Che nel successivo Hors la loi (Cannes 2010) avrebbe tirato i remi in barca, rassegnandosi alla fiction nazionalpopolare. Sì, Cry me a river