Il pericolo del cinema di papà è dietro l’angolo, eppure a suo modo Lo scambio di principesse (datato 2017, ora da noi grazie a Movies Inspired) riesce non di rado a schivarlo con intelligenza, scoprendosi perfino in dialogo con il presente. E non solo perché c’è vita al di là della confezione d’alta scuola, tra i capelli inerti delle parrucche appollaiate sulle teste di maschi ottusi e sotto le rutilanti gonne appoggiate sulle crinoline delle dame di corte, ma perché vi batte il cuore di un racconto emotivo e coinvolgente.

A partire dal romanzo di Chantal Thomas, Marc Dugain recupera dall’oblio un episodio cruciale della storia francese, da una parte leggendo la realtà del passato da un’angolazione legata alla sensibilità contemporanea e dall’altra dando dignità e spessore a personaggi “minori”, tali per l’anagrafe e per il peso che finora hanno avuto nella memoria.

Nel 1721, il reggente di Francia, l’astuto Filippo d’Orléans, in vista dell’imminente ascesa al trono dell’undicenne Luigi XV, ha l’idea di far sposare sua figlia, la dodicenne Luisa Elisabetta, con don Luis, l’erede al trono di Spagna, lasciando a Luigi XV Anna Maria Victoria, l’infanta di Spagna, quindici anni. Il gioco di potere ha l’obiettivo di consolidare la pace tra i regni in guerra per troppo tempo. Tutto bene, se non fosse che le quattro pedine sono nel pieno della crescita e impreparati alla vita che gli adulti stanno costruendo per loro.

È naturalmente tutto ciò che riguarda l’adolescenza, incipiente o piena che sia, a determinare l’originalità de Lo scambio di principesse. Un dramma di corte che trova la sua peculiarità proprio sottolineando la superficialità e il cinismo di una macchinazione che non tiene conto dei desideri e dei limiti di quattro ragazzini totalmente manovrati e privati dell’adolescenza, del suo mistero (la sessualità non come scoperta di sé ma istruzione per l’uso del corpo subordinato all’altrui volere) e della sua gioia (negli sguardi mai l’ipotesi di una gioia, solo paura e inconsapevolezza).

Più che come period drama dagli impeccabili valori di produzione (prevalgono gli interni, ad accentuare la claustrofobia del romanzo dinastico), vale in quanto racconto sulla perdita dell’innocenza (sottomissioni psicologiche e violazioni fisiche) dalla parte delle vittime del potere, della storia e degli adulti. Ragazzini tutti accomunati da un disperato bisogno d’amore, dalla ribelle Luisa Elisabetta e la fragile Anna Maria Victoria al timido don Luis e l’impacciato Luigi XV.

Sono loro a dare carne e spirito, addirittura una certa credibilità, a questo film sontuoso ma non magniloquente, che monta lento ma arriva al punto con efficacia e dolore, sfuggendo al rischio di paludarsi nell’operazione parruccona, e con i giovanissimi interpreti anche gli altri membri del cast (spiccano i reali Lambert Wilson e Maya Sansa e soprattutto l’empatica nonna Andréa Ferréol).