Finalmente un film iraniano poco ruffiano e che bada al sodo. Finalmente un film iraniano che non sfrutta moralmente i bambini per intenerire il pubblico. Finalmente un film iraniano che si fa osservare e in cui si chiacchiera poco. Un film piccolo, minuto, esile, indifeso, From the Land of Silence arriva dritto dal deserto iraniano, e da assonanze di titolo che ricordano il vincitore morale della SIC 2003 (Manish Jha e il suo primo folgorante corto, A Very Very Silent Film). Sonoro ridotto all'osso per la storia di due bambini, uno venditore d'oppio e l'altro ladro di benzina, fra sabbia, sterpaglie, cammelli e miniere di sale: il vento, le urla sporadiche, il passaggio di una jeep per dimostrare che si può ancora fare cinema con pochi mezzi e con invidiabile inventiva nel taglio e nella scelta dell'inquadratura, con una consapevole e ragionata cura nel montaggio, con l'esposizione di temi pauperistici e stringati. Neorealismo da ardite soggettive e da camera a spalla, che supera le ondate dei succitati Makhmalbaf, dei Panahi, dei Kiarostami oramai assurti a paradigmi del manierismo. Il nuovo, e ci permettiamo di affermare il bello, proviene da un regista ventottenne, Saman Salur, che sa costruire una vicenda terribilmente semplice, in cui due bambini corrono e si arrabbattano per sopravvivere sotto un sole cocente e tra tonnellate di sabbia e sale, praticamente senza incontrare anima viva e ingeniandosi per non soccombere ad un destino fatto soltanto di docce con acqua versata da un secchio, sniffate di oppio e inalazioni di benzina. Un finale di speranza per quei protagonisti che hanno ingaggiato una incruenta lotta di territorio e spazi, e che nei reali e infiniti sfondi del deserto iraniano esistono e sopravvivono così come ce li mostra Saman Salur. La metafora di un cinema indipendente che può nascere e prosperare nonostante gli apparati (e la censura) dello stato iraniano, come quella bicicletta che uno dei due giovani protagonisti ha nascosto sotto la sabbia e che all'improvviso dissotterra per poi, faticosamente, riprendere, assieme ad essa, il cammino di tutti i giorni.