Succederà, perché deve succedere, che prima o poi anche i fratelli Guzzanti comprenderanno la differenza tra cinema e televisione. Quando succederà sarà un bel giorno, non solo per chi non avrà più la ventura di imbattersi in prodotti come Fascisti su Marte o Le ragioni dell'aragosta, presentato da Sabina Guzzanti nella sezione Giornate degli autori. Ma anche perché sarà finalmente possibile uscire dall'equivoco di fondo che certi prodotti si portano dietro geneticamente. Intendiamoci: abbiamo visto di peggio, ma ciò che proprio è difficile digerire è come non ci si renda conto che fare un film sia qualcosa di più che riciclare situazioni e personaggi tipicamente televisivi. Non può bastare l'escamotage di uno spettacolo da realizzare in Sardegna per attirare l'attenzione sull'estinzione del nobile crostaceo, coinvolgendo un nobilmente impegnato sindacalista sardo. Né si può pensare che alludere nel titolo al libro di David Foster Wallace possa servire ad altro se non a far capire che anche se non possiamo sbandierare la nostra cultura qualche indizio vogliamo comunque lasciarlo. È poi sintomatico che le cose migliori del film siano le scene del vecchio repertori di Avanzi. Però è proprio così. I reduci di uno dei periodi migliori della televisione italiana, "quando si era liberi perché l'unico pensiero dei politici era fare fuori il C.A.F e quindi non si curavano di noi", danno l'impressione di volere ancora vivere di rendita. Qui non si tratta di realizzare un programma televisivo libero, bensì di realizzare un film, libero. Ma un film. E per fare un film occorrono altre cose. Se date un'occhiata agli altri film di Sabina Guzzanti (Viva Zapatero! a parte) noterete che qualsiasi persona dotata di buon senso si sarebbe resa conto che forse quella del cinema sarebbe stata una strada da abbandonare. Soprattutto se si dispone di una genialità come quella della regista in questione. Si possono fare tante altre cose. E il successo dell'appena citato Viva Zapatero! è comunque figlio della televisione. Due ultime cose, una negativa e una positiva. A nostro modo di vedere la tirata di Cinzia Leone che parla con la Guzzanti della sua malattia, intervallata da brevi flash sulla sua degenza, non è il massimo dell'eleganza, perché stona con tutto il resto e dà l'idea di una cosa che il percorso del prodotto assolutamente non richiedeva. Ma chiudiamo con una cosa davvero positiva: non c'era Serena Dandini, pare assorbita da altri impegni. Questa è la vera trovata del film: la tv delle ragazze senza "la" ragazza. Un brivido: speriamo che non stia studiando da Ministro della cultura.