Sedici anni dopo, i protagonisti del Declino dell'impero americano hanno smesso di litigare e amoreggiare, scontrarsi e ritrovarsi, accusarsi e poi subito raccontarsi gioie e dolori. C'è chi si è sposato e ha costruito una famiglia, chi ha divorziato, chi si strugge al pensiero della figlia tossicodipendente e chi si dà ancora da fare in cerca di conquiste. Ma ognuno per la sua strada. La vita decide di riunirli, ma l'occasione non è delle più allegre. Remy, docente di storia all'università, scopre di avere un cancro. La ex moglie chiama al capezzale il figlio manager di successo mentre la figlia, in viaggio per una ricerca biologica su una barca a vela, non può rispondere all'appello. Di fronte alla gravità della malattia del padre, Sébastien telefona ai vecchi amici e tutti accorrono. Il tempo ha segnato le loro facce ma non la brillantezza delle menti. Nessuno si lascia andare alla tristezza, il come eravamo è infarcito di ironia e non certo di lacrime. La camera della clinica si trasforma nel palcoscenico sul quale i vecchi sodali tornano a recitare un copione ben noto eppure non per questo meno arguto e stimolante. Nulla è tuttavia sufficiente per strapparlo al cancro. Quando la ragione fa dire basta alle cure, Remy si rifugia in una casa in riva al lago ad aspettare la morte. Una sceneggiatura perfetta, segnalata con un premio a Cannes, e un gruppo di attori in stato di grazia, sono le armi di cui Arcand si serve per far rivivere i sarcastici fustigatori della società che avevamo imparato a conoscere nel precedente film. In Le invasioni barbariche acquistano un lato più umano, ammantati della saggezza tipica dell'età matura. E se i corpi decadono e l'esistenza scivola tra le mani, i nostri rispondono cercando di affrontare il pensiero della morte con il distacco che regala il sapere. Ma è proprio vero? L'intelligenza che in un primo momento sembra aiutare Remy e compagni si ritorce loro contro, acuendo ferite e dolori. La si potrà usare, d'ora in avanti, solo per scegliere di morire con dignità e tentare di accettare l'inaccettabile. Quanto ai barbari, sono coloro che se ne servono esclusivamente per far soldi e fagocitare le culture umaniste, come ben rappresenta la figura di Sébastien, tipico esempio di neobarbaro. Per lui la morte del padre arriva forse troppo presto, quando non può ancora capire la lezione che la vita gli sta impartendo, e infatti decide di riconsegnarsi a un ambiente ipocrita e corrotto. Il passaggio al mondo barbarico è definitivamente segnato, e Arcand lo denuncia a gran voce in un'opera che è a tutti gli effetti un apologo contro società occidentale. Il declino si è completato lasciando inesorabilmente spazio agli invasori.