Ogni estate da quasi trent'anni migliaia di sconosciuti si riuniscono per una settimana intera nel cuore della Francia, in località Gennetines, per partecipare a un festival di ballo con musica dal vivo: il Grand Bal de l'Europe.

Cosa spinge tutta questa gente ad andare in mezzo al niente, con le scomodità del campeggio, soltanto per ballare?

Fuori dal tempo, dal mondo, dallo stress, la regista Laetitia Carton narra con rigore un mondo a parte, questa bolla fatta di danza fino allo sfinimento in un'atmosfera ipnotica che si riflette sullo stile del film.

Il suo occhio non segue nessun personaggio in particolare, raccontando con piglio corale tante storie diverse. Gran parte delle scene sono parecchio affollate, eppure il rigore della macchina da presa riesce a restituire un senso di grande intimità.

Anche quando non è tutto rose e fiori: alcune ragazze raccontano di molestie dai partner durante i balli. Laetitia Carton ha un'idea di cinema piuttosto intransigente: usa spesso la camera fissa e sa come tenere a lungo le scene.

Ma senza mai annoiare lo spettatore, anzi riuscendo in molti momenti ad essere sorprendente. L'intransigenza estetica inoltre riesce a mantenere integra la leggerezza delle intenzioni e la chiarezza del tema; ogni domanda che lo spettatore inevitabilmente si pone trova risposta attraverso la sola forza delle immagini e della musica.

Al Grand Bal di giorno si studiano i movimenti, le coreografie e la storia dei tanti balli di matrice europea in seminari (atelier) intensivi che abbracciano ogni aspetto di mazurca, sirtaki, taranta, valzer e altri.

Di sera fino a notte fonda si mette in pratica quanto imparato su ben sette piste dove i vari gruppi musicali si esibiscono in contemporanea. E poi si tira fino all'alba con i bœufs, balli clandestini improvvisati un po' ovunque coi musicisti in acustico, senza regole, per il solo desiderio di continuare a danzare.

È come una magia che cancella differenze sociali e di età, l'unica cosa che conta è voler ballare.