Consigli saggi per la vita moderna, il risparmio, il bon ton. Se volete divorziare, fatelo pure, ma scegliete l'America; se volete mangiar bene e farvi spellare, non rischiate, fatelo assolutamente in Francia. Altre cose dividono il Vecchio dal Nuovo Mondo. Ne elenco alcune, ma si potrebbe scrivere un libro: la Kelly (non dico cosa sia, tutti gli uomini di buona volontà che amano una donna lo dovrebbero sapere), lo zucchero in zollette, il Ricard, le mance, la caccia al cervo. In più, ci sono le abitudini, le convenzioni, i comportamenti. Insomma, le regole non scritte ma ereditate dell'etichetta che, per i compassati francesi, primeggiano su tutto, anche sui dollari. Ne fanno esperienza Isabel e Roxy, sorelle di Santa Barbara, California, approdate in tempi diversi al quartiere di Belleville, Parigi: la prima per un matrimonio con giovane e viziato rampollo, la seconda per accudire la sorella in attesa del secondo figlio ed iniziare così, in corso d'opera, la sua educazione sentimentale. Soltanto che in quel frangente si apre lo spazio per un divorzio. E il dramma lambisce la spensieratezza. James Ivory chiama appunto Le divorce il suo film, partorendolo dall'omonimo romanzo di Diane Johnson: omaggio patinato della Francia e dell'America, dei loro vizi e virtù, delle cose buone e cattive, belle e brutte che forse ci separano molto più di un Oceano. Ciascuno dei protagonisti fa le proprie esperienze, tra contrasti familiari, divergenze di interessi, esperienze di letto e di tavola, di couture e di baci. Ma soprattutto si innescano gli imprevedibili e convulsi stati d'animo degli americani, straniere in terra straniera. Che cosa pazzesca l'integrazione! Parata di stelle, bien sûr: Kate Hudson, Naomi Watts, Leslie Caron, Stockard Channing, Glenn Close, Matthew Modine, molti altri. Tutti in casa Ivory, con vista su Parigi.