Un cinema per raccontare, per immergersi nel reale. Esistenze che si intrecciano in giorni all’apparenza uguali. Lo sguardo del regista Valerio Jalongo non è mai stato così penetrante. È come se tutti i suoi lavori precedenti fossero stati un percorso di avvicinamento a L’acqua, l’insegna la sete – Storia di classe. Il rapporto tra tecnologia e spiritualità (Il senso della bellezza), l’indagine sociale (La scuola è finita), la sete di libertà che si scontra col sistema (Sulla mia pelle), la crisi del settore dell’audiovisivo (Di me cosa ne sai), il racconto di formazione (Messaggi quasi segreti): tutti questi elementi ritornano nel suo nuovo documentario, in concorso al festival Visions Du Réel di Nyon.

Cinque anni di riprese nell’arco di quindici, e alcune sequenze di “repertorio” realizzate tra il 2004 e il 2007 da un gruppo di ragazzi. I cardini sono lo spazio e il tempo. I muri imbrattati di un’aula si fanno testimonianza di una classe turbolenta. Si torna sui banchi, a imparare, come ne La scuola è finita.

Il professor Lopez parte da una poesia di Emily Dickinson per ricordare i suoi vecchi alunni. E poi decide di andarli a cercare, per scoprire come si sono evolute le loro esistenze. Un viaggio nell’anima, cronaca di una disperata lotta per sopravvivere. Molti erano stati bocciati, sembravano senza disciplina. E oggi si destreggiano tra mestieri diversi, provano a sentirsi “inclusi” in una Roma respingente, superficiale, dove il talento ha pochi margini per affermarsi. A questo si somma il video-diario realizzato dai protagonisti. Immagini che incontrano altre immagini, che provano a catturare la disperazione e la felicità di stare al mondo.

 

Jalongo si orienta in mezzo a una mole gigantesca di materiale. Accompagna il professor Lopez nella sua indagine, non mette limite alla narrazione, non vuole trasmettere una tesi. Sa che deve fare un passo indietro per catturare la realtà in tutta la sua ferocia. Sorrisi, lacrime, sogni evaporati, rimpianti per non aver seguito con più grinta la propria strada.

La macchina da presa riprende la vita con discrezione, con emozioni trattenute, solo accennate. Dai traumi famigliari alle uscite in compagnia, dalle sessioni di poker a Locarno a chi non c’è più. L’acqua, l’insegna la sete – Storia di classe è un piccolo manifesto di disincanto, focalizzato su chi tenta di non soccombere, con la magia che è racchiusa nei temi scritti quasi in un’altra epoca. Che cosa significa insegnare? Che cosa significa apprendere? Forse vuol dire essere liberi di avere memoria, suggerisce Jalongo, che realizza il suo documentario più tenero, sincero, di rara potenza.