"L'oceano! Che cos'è l'oceano?” chiede un bambino all'inizio del film. Per dargli una risposta l'attore, regista e produttore Jacques Perrin, insieme a Jacques Cluzaud, ha realizzato La vita negli oceani. Negli ultimi anni ci siamo abituati ad andare al cinema per vedere documentari sulla vita animale: da Microcosmos - il popolo dell'erba prodotto dallo stesso Perrin nel 1996, poi La marcia dei pinguini, Il popolo migratore (sempre Perrin), L'incredibile viaggio della tartaruga, fino a Oceani 3D. Con La vita negli oceani si tocca l'apice di questo genere. Nato per testimoniare la straordinaria biodiversità marina e salvaguardare un macrocosmo popolato da molte specie a rischio estinzione, Oceans (titolo originale) è un reportage ad alto budget (58 milioni di euro e quattro anni di lavorazione), un affascinante viaggio nelle profondità degli abissi marini. Non ci sono commenti didattici solo poche riflessioni - la voce off nella versione italiana è di Neri Marcorè - la parola è lasciata al mare. Non ha bisogno dell'escamotage del 3D: grazie all'invenzione di una strumentazione digitale all'avanguardia e diciotto troupe con i migliori professionisti in riprese estreme immerge lo spettatore nelle acque più remote del pianeta.
Poetico e terribile come lo spettacolo titanico e primordiale della tempesta, è anche un inno ai pericoli e misteri di un territorio selvaggio, in cui vige la legge della sopravvivenza, il pesce grosso mangia il piccolo e chi si ferma è perduto. Ma Oceans non si limita a documentare la vita della fauna acquatica, è un thriller con scene ad alta tensione ed epiche battaglie, è un racconto fantastico che ripropone un immaginario disneyano (Fantasia, La Sirenetta, Dumbo, Bambi) evocato dalla scrittura dei personaggi firmata da un vecchio lupo di mare, il Capitano Paul Watson, e dalla magistrale colonna sonora di Bruno Coulais. In questa sinfonia Perrin ingloba anche l'uomo, ingranaggio, spesso difettoso, dell'intero ciclo vitale di evoluzione ed estinzione, mostrando come possa diventarne una parte armonica ed empatizzare con il suo altro naturale, il suo convivente sul pianeta. Lo sguardo rispettoso della telecamera stringe sui primi piani degli occhi delle creature marine che osservano incuriosite e non si capisce chi guarda chi, come nella metafora finale dell'acquario. Il discorso di Perrin non si riduce all'ecologia ma si fa etica della responsabilità. Se c'è stato un prima e un dopo Il mondo del silenzio (1956) di Jacques-Yves Cousteau, ci sarà un prima e un dopo La vita negli oceani.