A quasi dieci anni da Allarme Rosso, il regista Tony Scott, fratello dell'autore de Il gladiatore, torna a scegliere Denzel Washington come protagonista di un suo film. Creasy, questo il nome del personaggio interpretato dall'attore premio Oscar per Training Day, è un ex soldato dei corpi speciali americani. Un uomo lacerato che non riesce ad annegare i tanti demoni del suo passato nella bottiglia. Dopo avere accettato malvolentieri un incarico come guardia del corpo di una bambina di un ricco uomo d'affari a Città del Messico, Creasy sembra scoprire qualcosa di importante nel suo rapporto con la ragazzina interpretata da Dakota Fanning (Mi chiamo Sam, Le ragazze dei quartieri alti).Per la prima volta nella sua vita, riesce ad instaurare non senza difficoltà un legame affettivo forte, diventando per una sorta di surrogato di un padre troppo indaffarato. Un giorno, però, la piccola viene rapita e Creasy andrà in cerca di una vendetta personale e spietata. In un certo senso Man on Fire potrebbe essere un film interpretato da Arnold Schwarzenegger negli anni Ottanta. Con l'unica differenza che Creasy è un uomo sconfitto da se stesso e dal proprio passato. Una persona alla ricerca di qualcosa di nuovo nella sua esistenza, di una ragione di vita che viene - con sorpresa di entrambi - trovata nell'affetto incondizionato di una bimba impaurita e sola nella sua prigione dorata che la tiene lontana da un mondo decisamente pericoloso. Sebbene la trama - in un certo senso - sia prevedibile con l'eroe alla ricerca del proprio riscatto, Man on Fire è visivamente un film molto interessante con il regista Tony Scott che porta alle estreme conseguenze il discorso narrativo iniziato con film come Spy Game e con la serie di cortometraggi prodotti per la Bmw su Internet. Con tanto di "title track" cantata da Lisa Gerrard, l'ex vocalist dei Dead Can Dance utilizzata da Hans Zimmer per Il gladiatore,porta la dimensione del film ad un livello più intimista. Scott, infatti, sembra cercare non tanto l'azione e la spettacolarità in quanto tali, bensì come forma di cruda rappresentazione di una violenza rabbiosa e intensa. Di un uomo disperato che solo tramite la violenza sa come esprimere se stesso e il proprio nichilismo. Una scelta di sangue parzialmente riscattata da una ritrovata fede religiosa e - sotto il profilo dell'umorismo - da una battuta bruciapelo che in italiano suona più o meno così: "Il perdono è una questione che riguarda questi assassini e il Signore. Il mio lavoro è solo quello di potere fissare l'appuntamento e accelerarlo." Un film in molti momenti disturbante non solo per i temi, ma anche per lo stile visivo espressione tangibile del dramma del protagonista. Una pellicola impreziosita da un cast estremamente interessante: Giancarlo Giannini, Christopher Walken, Rachel Ticotin e Radha Mitchell (Pitch Black) convincente, ma anche agghiacciante nel ruolo della madre che insiste affinché Creasy uccida tutti gli uomini coinvolti nel rapimento della figlia. Un quesito è d'obbligo anche se la risposta è di natura personale: in un'epoca così violenta di per sé, c'è ancora bisogno al cinema di angeli vendicatori?