Sacco e Vanzetti fu un film spartiacque. Una vicenda prima non molto nota, dopo il 1971 (anno di uscita del film) divenne conosciuta da milioni di persone.

Merito del grande Giuliano Montaldo, che diede vita a questa straordinaria opera che raccontava la storia di due anarchici condannati ingiustamente. E non solo. Il regista genovese, grazie a questo film, contribuì alla riabilitazione storica e morale dei due italiani negli Stati Uniti (nella ricorrenza del cinquantesimo anno dalla loro esecuzione - il 23 agosto 1977 - il governatore del Massachusetts Michael Dukakis riconobbe ufficialmente, con una cerimonia pubblica, l'errore giudiziario e il dolo dei magistrati).

Il film uscì in un periodo storico particolare, due anni dopo la strage di Piazza Fontana, e fu frutto di una serie di fortunate coincidenze: il regista decise di realizzarlo subito dopo aver visto a Genova lo spettacolo teatrale Sacco e Vanzetti di Roli e Vincenzoni e per puro caso, grazie allo zampino di Furio Colombo, riuscì a coinvolgere nel progetto la cantautrice Joan Baez da sempre impegnata nei diritti civili e nel pacifismo.

Dai suoi testi (primo fra tutti il brano Here’s to you) e dalle musiche di Ennio Morricone nacque una soundtrack che è diventata poi simbolo di quella tragica vicenda e universalmente una specie di inno manifesto contro le ingiustizie.

Tutto questo viene raccontato dal documentario diretto da Silvia Giulietti e Giotti Barbieri, intitolato La morte legale, che ripercorre la genesi di questo importante film firmato dal maestro Montaldo.

 

Attraverso le testimonianze non solo di Montaldo, ma anche di Morricone, del critico Mario Sesti e di altri protagonisti, si mettono in luce tutti i retroscena di un film fondamentale per la storia del cinema italiano.

E si riattualizza così una vicenda storica: quella di due italiani, emigrati negli Stati Uniti, che nel 1927 a Boston, nel Massachusetts, furono condannati a morte con la sola colpa di essere anarchici. Un delitto di Stato che è sempre bene ricordare.