Italia profonda, alle foci del Po: poche case, tante lingue, e un incontro, tra la maestrina viaggiatrice Mara (Valentina Lodovini) e il meccanico tunisino Hassan (Ahmed Hafiene). Il terzo (non) incomodo è Giovanni (Giovanni Capovilla), diciottenne aspirante giornalista: tenersi alla giusta distanza dall'evento è imperativo deontologico, come gli insegna il suo mentore Bencivegna (Fabrizio Bentivoglio). Non sarà così, né per lui, né mutatis mutandis per altri. Da qui il titolo del nuovo lavoro di Carlo Mazzacurati, La giusta distanza, in concorso alla seconda Festa del Cinema di Roma. Film senza infamia né lode, che non raggiunge le dichiarate intenzioni, ovvero manca la giusta distanza dallo spettatore. Innanzitutto, se la Lodovini (sensuale più che brava, ma sicura promessa) e soprattutto Hafiene sono in parte, viceversa Giovanni, attore (Capovilla) e personaggio, è troppo sommesso e dimesso per quanto gli si richieda dalla sceneggiatura (firmata da Mazzacurati, Doriana Leondeff, Marco Pettenello e Claudio Piersanti): dell'ardore giovanile e dell'impeto professionale che dovrebbero accorciare la necessaria distanza dal fatto, sullo schermo non vi è traccia. Ancora, se "il volpone" Bentivoglio se la cava egregiamente, viceversa, nota di demerito a Giuseppe Battiston, che anziché aspirare al peso di un Philip Seymour Hoffman nostrano, si riduce a macchietta di provincia. Non bastasse, nella direzione degli attori la mano di Mazzacurati vacilla, mossa dalla stessa incertezza nell'utilizzo dei registri: se la cornice è noir all'italiana, il regista indulge qua e là nel comico (grazie a Battiston...), il giovanilistico - che registro non è, ma poco importa - e il sociologico d'accatto. Se viriamo al "nero", nell'annata 2006-2007 è ancora La ragazza del lago a spuntarla su tutti. Per finire, venendo alla scrittura, lo spionaggio informatico di Giovanni su Mara non ha alcun allaccio narrativo e/o drammaturgico: potenza del product placement?