Oscar, avvocato cinico e senza scrupoli, finge di essere stato morso da un cane, così da trarre profitto dall'incidente e fare causa all'inconsapevole proprietario, Armando. Ci mette poco in realtà Oscar a scoprire che Armando è un povero disgraziato appena uscito di galera dopo aver scontato una condanna a 30 anni per un omicidio mai commesso. Da consumato uomo di legge, Oscar fa presto a cambiare obiettivo. La posta in gioco si alza: bisogna fare causa alla Stato per ingiusta condanna e chiedere un risarcimento milionario. Un po' per recuperare dignità, un po' per la prospettiva del guadagno, Armando si fa convincere. Eccoli alla ricerca di indizi, prove, testimonianze inedite con l'aiuto di Carmen, che gestisce un bar vicino alla casa di Oscar. Alla fine l'innocenza emerge, ma la beffa è in agguato...“Desideravo da tempo esplorare un nuovo genere e la commedia mi ha sempre attirato (…) pensavo alla grande commedia degli anni Sessanta (…) niente battute ma storie anche commoventi, grottesche, sentimentali…”.

Reduce da E' stato il figlio (il suo primo titolo svincolato da Maresco, 2012), Ciprì ha coraggio da vendere nel dichiarare certe premesse: forti e impegnative, bisognose per essere soddisfatte di una visionarietà profonda e quasi sfibrata. Il regista costruisce location all'insegna dell'astrazione, elimina realismo e modernità, si consegna al fiabesco, al vintage, a un crepuscolare decadentismo. Coglie nel segno quando lascia libero spazio al sogno, diventa carente quando si rassegna a ripetere i modelli degli anni '50 (la seduta finale in tribunale). I due protagonisti dovrebbero essere i prototipi di due ‘poveri matti' tra Zavattini e Chaplin, ma restano sospesi tra cielo e terra, nelle terra di nessuno. Robuste le interpretazioni di Sergio Castellitto (Oscar) e Rocco Papaleo (Armando). Di sfondo Valeria Bruni Tedeschi (Carmen).