All'orizzonte una casetta in campagna e un sogno da condividere. Prima, il ritorno notturno, dopo una lunga assenza, nei vicoli e nei luoghi ormai in dismissione, di una Genova perduta nel tempo, e nella memoria. Vincitore allo scorso Festival di Torino e presentato in questi giorni a Berlino, La bocca del lupo di Pietro Marcello è opera essenziale, documentario-non-documentario poetico e bellissimo che prende le mosse da un'idea della Fondazione San Marcellino, gesuiti che da anni assistono le comunità di emarginati e indigenti della città ligure. Imperniando il racconto sulla forza dell'incredibile amore tra Enzo e Mary (Vincenzo Motta e Mary Monaco), insieme dallo stesso momento in cui, tanti anni fa, si conobbero dietro le sbarre di un carcere, Pietro Marcello alterna l'attualità del loro continuo ritrovarsi (Enzo ha trascorso molto altro tempo in prigione) con la nostalgia di immagini e suoni nascosti nella memoria, sinfonia visiva che attraverso gli straordinari materiali di repertorio racconta più e meglio di altre mille parole la storia e il fascino di ogni angolo di Genova, riportandone in vita gli aspetti misteriosi, e dimenticati.
Un cinema che non esiste più o che, forse, non è mai esistito. Complimenti a chi, seppure in pochissime città, ha avuto il coraggio di distribuire il film (la BIM), e soprattutto a chi ha avuto il coraggio - ancora una volta dopo Il passaggio della linea - di accompagnare produttivamente Pietro Marcello (la Indigo Film, in collaborazione con l'Avventurosa Film, fondata dallo stesso regista con Dario Zonta).