C'era una volta la famiglia. Quella in cui i genitori comandavano e i figli ubbidivano. Oggi quei demonietti eternamente insoddisfatti dettano legge e “noi continuiamo a non contare nulla”, dice il manager Valentino (Gianfelice Imparato), in una delle battute più felici della Bellezza del somaro, diretto e interpretato da Sergio Castellitto, scritto e sceneggiato dalla moglie Margaret Mazzantini.
Marina (Laura Morante) e Marcello (Castellitto) sono una coppia perbene, lei psicologa, lui architetto. Hanno una figlia, Rosa (Nina Torresi) diciassettenne, brava ragazza e un po' viziata. Gli amici di Marina e Marcello sono uomini di successo e hanno compagne frustrate. Tutti insieme appassionatamente per un weekend lungo, nella bella casa di campagna, ovviamente in Toscana, patria dei radical chic. L'arrivo di due pazienti di Marina: Lory (Barbora Bobulova) ed Ettore Maria (Renato Marchetti), strambi ma simpatici, danno una sferzata di vitalità alla calma stagnante della vacanza. Fino allo psicodramma finale, il nuovo fidanzato di Rosa oltrepassa tutti i limiti convenzionali (sono accettati anche ragazzi di colore, dev'essere l'effetto Obama): è vecchio, anzi vecchissimo. Che cosa c'entra il somaro del titolo, peraltro comparsa ricorrente, si chiede lo spettatore? Risponde Castellitto: “E' la bellezza della spontaneità, della goffaggine adolescenziale”. Peccato che i protagonisti siano il ritratto di una società borghese dominata dal culto della personalità. L'anima e il cuore lasciati alla saggezza di Enzo Jannacci. “Ho fatto un film che mi piacerebbe andare a vedere”, conclude Castellitto. In una parola: elitario.