Ladruncolo imbranato, fortemente deciso a far parte della temibile "gang delle Asce", Stella (Stephen Chow) finirà per causare uno scontro mai visto fra i malviventi e i più grandi maestri di Kung Fu che, in incognito, vivono in un quartiere povero della Cina anni '40. Genio assoluto o folle in continuo delirio estetico/demenziale? Stephen Chow, più di sessanta film come attore, sette come regista (questo è il secondo, dopo il fenomeno Shaolin Soccer, ad essere distribuito in Italia), realizza un altro piccolo gioiello: la commistione fra arti marziali e computer grafica è straripante, la storiella - come sempre impregnata di gioviale demenzialità (anche se, per quanto attiene l'argomento, ci rassegniamo ancora una volta di fronte alla scelta di adattare il doppiaggio alle presunte necessità dello spettatore nostrano: quasi tutti i personaggi hanno la voce di Caterina Guzzanti e Marco Marzocca che, comunque bravi, hanno "tradotto" le battute dai dialetti mandarino e cantonese in ben più rassicuranti slang siculo/romaneschi) - regala simpatici colpi di scena e sottotesti melodrammatici tutt'altro che fuori luogo, le scenografie sono curatissime e le citazioni cinefile (dai vortici nel cielo di Grosso guaio a Chinatown all'ondata di sangue di "Shininghiana" memoria) quanto mai raffinate e pertinenti. Regia iperbolica e pregnanza scenica per ogni singolo personaggio, coreografie memorabili (curate da Yuen Wo Ping, già apprezzato per il lavoro svolto ne La tigre e il dragone e Matrix) e divertimento assicurato: Kung Fusion - ancora una volta sbancabotteghini in patria - è tutto questo. Forse di più.