Josef Koudelka, il grande fotografo dell’agenzia Magnum, e il giovane discepolo israeliano Gilad Baram, anche lui fotografo e regista. Tra questi due estremi si dipana il filo di questo doc austero (e arduo) per la regia dello stesso Baram, il quale ebbe modo di accompagnare il celebre collega - fornendogli assistenza, traduzioni e supporto logistico - nel corso di diversi viaggi intrapresi da Koudelka in terra d’Israele in un arco temporale che va dal 2008 al 2012.

La sequenza delle immagini, sulle quali si staglia lo spettrale bianco e nero degli scatti paesaggistici di Koudelka, ha dunque il pregio di documentare il modus operandi del maestro nel suo farsi, nella cornice tormentata di territori come Gerusalemme est, Hebron, Ramallah, Betlemme e vari altri insediamenti israeliani lungo il labile confine tra Israele e Palestina.

Il documentario è percorso da una tensione esistenziale tutta ebraica, in cui alla pura e semplice esposizione dei fatti è inevitabilmente connessa una profonda lacerazione interiore, ma nella sublimazione atemporale delle fotografie di Koudelka si coglie come un desiderio di riconciliazione e un rimpianto per l’innocenza perduta, forse da sempre, di un territorio martoriato.