Promossi in Concorso dopo la partecipazione a Orizzonti nel 2018 con il discutibile The Man Who Surprised Everyone, Aleksey Chupov e Natasha Merkulova portano in gara Kapitan Volkonogov Bezhal (Il capitano Volkonogov è scappato). Una fantasia storica, una retrotopia, che già a livello figurativo rivendica la scelta di filtrare il realismo tramite uno sguardo in grado di accogliere la crudeltà iperrealista (le budella, il sangue), lo straniamento postmoderno (le tutine rosse), la deriva mistica (i cromatismi diafani).

L’antieroe titolare ha il volto spiritato e la forza animalesca di Yuriy Borisov (in predicato di premio?) ed è un apprezzato capitano del servizio di sicurezza nazionale accusato di un crimine. Riesce a scappare prima di essere arrestato dai colleghi che fino a un attimo prima lo rispettavano e, durante la notte, riceve un avvertimento dall’aldilà: l’inferno è sicuro, la dannazione pure, ma se una persona gli concede un perdono sincero può ambire a cambiare il suo destino.

Storia di una caccia all’uomo e di una fuga verso una redenzione forse impossibile in un orizzonte urbano rutilante e straniante, Kapitan Volkonogov Bezhal unisce l’azione fisica e la tensione morale, individuano nel movimento esteriore la coreografia di quello interiore.

Seguendo il faticoso e frenetico cammino di un protagonista dalla parte sbagliata, i registi inventano un'epoca fuori dalle contingenze storiche e aprono una riflessione su come il sistema politico può trasformare individui votati a un’altra visione del mondo, avvicinandosi a quella linea autoriale che da Bresson finisce a Wenders, pur adottando una messinscena spiccatamente visibile.

Favola nera nelle intenzioni degli autori, è una parabola di espiazione che trova la vera forza nel cavalcare l’audacia di intraprendere un discorso spirituale sul destino degli uomini senza esimersi dall’affrontarne uno studio sui corpi messi alla prova, sulla carne esposta al pericolo, sulla banalità del male.