Inglese. Maldestro. Imbranato. Pasticcione. Si muove come l’ispettore Jacques Clouseau ne La pantera rosa. E’ magrolino. Ha la faccia da roditore, il naso pronunciato ed enormi sopracciglia. E’ la versione comica di James Bond. Di chi stiamo parlando? Di Johnny English naturalmente. La spia più buffa e goffa che ci sia, interpretata dal grandissimo Rowan Atkinson, meglio conosciuto in tutto il mondo come Mr. Bean.

Si dice che non c’è due senza tre. E infatti anche Johnny English, come un’altra famosissima anti eroina di nome Bridget Jones, è arrivato al suo terzo capitolo (Johnny English colpisce ancora), dopo il primo film (Johnny English) del 2003 con John Malkovich seguito poi da Johnny English-La rinascita (2011).

Richiamato dalla meritata pensione, questa volta Johnny English torna a difendere il governo britannico da un attacco hacker all’intelligence, nonostante lui sia la persona meno tecnologica sulla faccia della terra.

Dà fuoco per sbaglio ad un ristorante lussuoso fingendosi un elegante cameriere, spara missili che partono dalla sua Aston Martin rosso fuoco contro i ciclisti mentre sfreccia lungo i tornanti della Costa Azzurra (luoghi già calcati da Cary Grant in Caccia al ladro), si sente un grande seduttore con tanto di cocktail tra le mani parlando al bancone del bar con una femme fatale russa di nome Ophelia (la bella Olga Kurylenko), balla tutta la notte come un pazzo cocainomane e scala torri con una strana armatura dai piedi palmati, ma soprattutto perde veramente la cognizione del tempo e dello spazio diventando preda degli occhialetti della realtà virtuale e trasformandosi in un bambino in piena scarica di zuccheri.

Il film, diretto da David Kerr, riesce grazie alle diverse gag e slapstick comiche che mettono in scena un humour prettamente inglese, che è coraggioso, ingegnoso e dignitoso per usare gli stessi termini con i quali alla fine del film il primo ministro loda Johnny English. Il tutto è condito da un cast di altissimo livello composto dal fido assistente Bough (Ben Miller) e dal primo ministro (Emma Thompson).

Insomma si ride, anche se la critica di fondo al mondo della tecnologia e il contrasto analogico-digitale rimangono un puro pretesto per scatenare la comicità dell’attore 63enne. Nessuno spazio ad una riflessione un po’ più profonda dunque. Ma non importa. A Johnny English tutto si perdona.