Gli italiani del New Jersey: baby-boomers pieni di brillantina amici di Joe Pesci con la foto incorniciata del papa affianco a quella di Sinatra, compagni di bravate e in bilico perenne tra la carriera mafiosa e una vita noiosa. Ma a qualcuno di loro, nato nel lato sbagliato della terra delle opportunità, la fortuna sorride, prendendo le sembianze di quello che viene regolarmente scambiato per un miracolo.
Succede a Frankie Valli (John Lloyd Young), Tommy DeVito (Vincent Piazza), Bob Gaudio (Erich Bergen) e Nick Massi (Michael Lomenda), quattro ragazzi con la passione per la bella vita e la musica, in un periodo in cui generi come il rock and roll, il rhytm and blues e il Doo-Wop venivano strappati dalla loro origine nera per essere infiocchettati e commercializzati nel mondo del pop bianco da radioline e canzonette.
I Four Seasons nascono nel 1960, e dopo poco il loro successo crebbe così tanto da farli diventare una delle band americane con più vendite della storia, prima che i Beatles arrivassero a squassare il destino della musica pop. La storia dei Jersey Boys – basata sull'omonimo musical di Broadway del 2005 vincitore ai Tony Awards - si concentra negli anni che vanno dal 1960 al 1968, ovvero il periodo meno avvincente della band.
La bravura di Eastwood cerca di venire a galla per rendere interessante una narrazione che non si riesce a salvare attraverso l'atmosfera caricaturale che riempie tutti i rigorosi 130 minuti (durata media di tutti i film del cow boy). E così, invece di realizzare un vero e proprio musical o descrivere la storia reale del quartetto italo-americano (la cui produzione si è spinta fino alla disco music negli anni 70-80), si è preferito raccontare ancora una volta l'ennesima declinazione del sogno americano, in cui donne relegate allo status di cretine, buoni sentimenti e giri di do abbondano raggiungendo il parossismo e ricoprendo – affogandoli – i lati migliori del film: la scenografia ben costruita, la simpatia di Christopher Walken nel ruolo del malavitoso Gyp DeCarlo e l'indubbia bravura canora dei protagonisti. Peccato.