Genio puro, ma profondamente umano, spirito irriducibile di libertà, che a volte rasenta una sublime arroganza. Personaggio complesso, difficile, contraddittorio, anche se capace di totale generosità. Non era certo un uomo schivo e prono alle consuetudini, Beethoven. In molta della sua musica possiamo scorgere i fermenti di un'epoca rivoluzionaria, perché Beethoven, a modo suo, era un rivoluzionario - non dimentichiamo che aveva il busto di Bruto sulla scrivania -, un genio però anche avvezzo ai compromessi e, comunque, pieno di contraddizioni. Un provocatore nato. Mai un compositore ideologico. Ogni immagine che ci facciamo di lui e del suo tempo non esclude, ma completa le altre. E per questo il film di Agnieszka Holland, con un magistrale Ed Harris nel ruolo del compositore, è un tassello in più di conoscenza storica, musicale ed umana che oggi possiamo avere di lui. In modo funzionale, la sceneggiatura inventa la figura della giovane e ambiziosa copista Anna, interpretata da Diane Kruger, che mette a disposizione tutta se stessa e, tra le pieghe del burbero, scoprirà quelle dell'uomo sofferente e dell'artista profeta. La storia ci rende così palpabile uno dei momenti creativi più intensi e memorabili della storia umana, quello che portò, nella primavera del 1824, alla nascita della Nona Sinfonia, proprio mentre l'autore perdeva progressivamente e totalmente l'udito. Scopriamo ancora una volta, nella ricostruzione plausibile e accurata, come in Beethoven ogni nota, ogni accordo, è musica pura. E le immagini ci portano fin dentro le note del fugato finale della Nona, espressione dell'eroico e faticoso gesto di fuggire la miseria - anche quella dolorosa dei tempi presenti - con Beethoven che ci esorta ancor oggi a prenderci per mano, per cercare, salire, toccare il vertice, semplice ed assoluto, dell'amore. Quella mano che Anna gli prenderà tra le sue nel momento della morte, quell'amore di cui così difficilmente Beethoven fece esperienza nel corso della sua tormentata, desolata esistenza.