Tre uomini e una città: Napoli. Travolti da un insolito destino, a ritrovarsi su un attico fatiscente del quartiere Cavone sono lo scienziato stralunato e appena licenziato Alfonso D'Onofrio, interpretato dal bravo Gianfelice Imparato (Gomorra), il politico colluso con la camorra Vincenzo Cacace, ovvero Peppe Servillo, e l'ex campione di cricket srilankese Gayan (l'esordiente Saman Anthony), che si vedranno costretti a una forzata convivenza per sottrarsi ai sicari.
E' Into Paradiso, opera prima della milanese Paola Randi, che reduce dal Controcampo Italiano dell'ultima Mostra di Venezia porta in sala un low budget (900mila euro) sceneggiato con Luca Infascelli, Chiara Barzini e Antonella Antonia Paolini e splendidamente musicato da Fausto Mesolella degli Avion Travel.
Tra surrealismo e iperrealismo, senza cadere nella maniera, la regista fotografa un'Italia multietnica, rintracciando nella precarietà professionale (Alfonso) e nella condizione migrante un comune discorso sull'identità in crisi. Ottimi e affiatati gli attori, contenute le pretese sociologiche, stile dignitoso senza rivoluzioni, Into Paradiso non abdica dalla speranza: potere del cinema o, davvero, la camorra sta per autodistruggersi?