Oltre quarant’anni trascorsi, eppure la pellicola per eccellenza con protagonista il Principe delle Tenebre non smette di influenzare produzioni appartenenti al sottogenere satanic movie. Il titolo in questione è The Exorcist di Friedkin, recentemente adattato per il piccolo schermo con l’omonima e fortunata serie TV, e a omaggiare ancora una volta il lavoro tratto dal romanzo di William Peter Blatty è Jason Blum con Incarnate, diretto da Brad Peyton e con protagonisti Aaron Eckhart (Dr. Seth Ember), Carice Van Houten (Lindsay Sparrow) e David Mazouz (Cameron Sparrow).

Seth Ember è uno scienziato dotato della rara capacità di esorcizzare le menti delle persone possedute. Quando gli viene affidato il caso di un adolescente particolarmente tormentato, rimane sconvolto nello scoprire che dentro di lui si annida lo stesso spirito maligno responsabile della morte dei suoi affetti più cari: sua moglie e suo figlio. Il Dott. Ember farà di tutto per salvare la vita del giovane ragazzo e distruggere il demone prima che il mondo interno venga messo in pericolo dalla sua ferocia. Riuscirci significherebbe inoltre redimersi e iniziare finalmente a vivere una nuova vita.

Come nel capostipite, Incarnate non rinuncia all’elemento traumatico, nonché portante, vero e proprio tormento del protagonista sotto forma demoniaca. Ma se nel film di Friedkin a “possedere” Karras è il senso di colpa per l’abbandono dell’anziana madre, nel recente (quanto superfluo) Incarnate a perseguitare il dr. Ember è la scomparsa, per incidente stradale (quando l’originalità è tutto!!) di moglie e figlio, non a caso riflessi nelle figure di Lindsay Sparrow e del figlio Cameron, che soccorrerà.

Il copione di Ronnie Christensen tenta una sterzata nella speranza di apportare qualcosa di originale, ma l’operazione non riesce e se i rimandi a Friedkin sembrano pian piano venir meno per poi ricomparire clamorosamente sul finale (il sacrificio di Ember ricorrendo alla defenestrazione per uccidere l’entità), confermando quanto sinora affermato, ecco cedere il passo a Insidious e al discreto Deliver us from evil di Derrickson. Se la saga diretta da Wan è palesemente citata nei viaggi onirici del protagonista nella mente dei posseduti, dove è più semplice “sfrattare” l’entità, il titolo di Derrickson lo si ritrova facilmente nella costruzione dei personaggi, tanto poco convenzionali quanto stereotipati (un non credente dedito a escorcismi, una coppia di metallari, un padre violento, un uomo tormentato dal passato…).

Le poche novità, che poi tanto nuove non sono, consistono nell’assenza di un demone specifico o già evocato, nel protagonista privo di abito clericale e nell’utilizzo del termine “sfratto” anziché “esorcismo”. Che il film diretto da Peyton abbia voluto concentrarsi più sul subconscio, rendendo complessi i veri demoni, è un elemento apprezzabile, ma che non lascia gridare al miracolo in quanto esperimento già testato. Gli effetti speciali e visivi, pochi, ripetuti e per niente d’impatto, servono a poco e il cast tecnico non sembra sforzarsi minimamente. Insomma, Incarnate merita uno sfratto!