"Signore, fermaci. Fermaci".

Un'invocazione dolorosa, a chiusura di un cammino che attraverso la parola, l'incontro, con gli oppressi, i poveri ma anche i potenti e gli oppressori, tenta di ristabilire l'importanza dell'umano, "la cultura della solidarietà", la salvaguardia della dignità, in un mondo dove "il futuro o sarà insieme o non sarà".

Gianfranco Rosi realizza In viaggio (Fuori Concorso a Venezia 79, poi in sala dal 4 ottobre, il giorno di San Francesco) assemblando le immagini dei pellegrinaggi del Santo Padre dal 2013 ad oggi, affiancando a quel materiale di repertorio anche frammenti di alcuni film (tra i quali i suoi Notturno, Fuocoammare e El sicario - Room 164), a seconda dei luoghi e del contesto di volta in volta toccati da Papa Francesco (in 9 anni di pontificato ha compiuto 37 viaggi visitando 59 paesi).

Il fenomeno globale delle migrazioni (Lampedusa, 2013, Messico, 2016), la povertà (le favelas brasiliane nel 2013), i continui conflitti in terre dimenticate (Repubblica Centraficana e Kenya, 2015), i muri che ancora dividono (Palestina) e quelli sacri come il Muro del Pianto a Gerusalemme, le terre dilaniate dalle catastrofi ambientali (Filippine), quelle che non dimenticano gli orrori di genocidi subiti (Armenia) e bombardamenti nucleari (Giappone): il film meno "costruito" di Rosi è in apparenza anche quello più "semplice", ma è forte di un'immediatezza e di uno slancio capace di riposizionare l'utopia di un messaggio che sovrasta i dogmatismi religiosi per farsi vero e proprio linguaggio politico, e rivoluzionario.

Gianfranco Rosi - Foto Karen DI Paola
Gianfranco Rosi - Foto Karen DI Paola
Gianfranco Rosi - Foto Karen DI Paola
Gianfranco Rosi - Foto Karen Di Paola

Nell’osservare il Papa che guarda il mondo, Rosi imposta un dialogo a distanza tra il flusso dell’archivio di quei viaggi, le immagini del suo cinema, l’attualità e la storia recente. Creando un equilibrio tra lo scorrere del tempo lineare e la memoria del cinema.

Tra le numerose, resta negli occhi l'immagine di Bergoglio che ripreso di spalle percorre le strade de L'Avana e di fronte a lui si staglia l'edificio con l'effige di Che Guevara: senza ricorrere ad alcun didascalismo, In viaggio rimette al centro l'uomo, l'anelito di pace e la ricerca di dialogo anche laddove (ormai praticamente ovunque) sembra perduta qualsiasi speranza.

Il duro attacco alle lobby delle armi durante il discorso al congresso USA nel 2015, concetto ribadito più recentemente a proposito degli "schemi di guerra" per parlare dell'attuale conflitto russo-ucraino, la richiesta di perdono dopo aver chiesto le "prove" per quello che riguardava le accuse mosse nei confronti del vescovo Barros nell'ambito di uno scandalo relativo ad abusi nella Chiesa cilena, oltre alle più recenti scuse mosse ai nativi nei territori canadesi per quello che riguardava il triste passato delle scuole residenziali indigene: "Per il male loro arrecato da quei cristiani, tra cui molti cattolici, che in passato hanno collaborato alle politiche di assimilazione forzata e di affrancamento dei governi dell'epoca".

La parola dunque si staglia sul continuo andirivieni di immagini di un tempo e di un presente che testimonia la presenza, il passaggio, la speranza di una riconciliazione.

Il conforto, la parola, strumento dimenticato e ultima possibilità per tenere accesa l'utopia di un cambiamento che - ritorna spesso e volentieri anche questo - il Santo Padre affida ai sogni delle nuove generazioni: "Sognate, anche le cose che vi sembrano impossibili, sognate che il mondo possa cambiare grazie a voi".