Giorgio (Raoul Bova), Lorenzo (Ricky Memphis), Piero (Luca Bizzarri), Luisa (Barbora Bobulova), Virgilio (Paolo Kessisoglu), Francesca (Ambra Angiolini): più che compagni di classe, un gruppo di amici. Almeno fino alla maturità, poi, come capita spesso, le loro strade si sono divise: Giorgio ha una compagna (Luisa Ranieri) e non ancora un figlio, Francesca è in cura dalla dipendenza dal sesso, Lorenzo non vuole lasciare mamma e papà, Piero ha un'amante ma non la moglie, Luisa una figlia a carico e un lavoro da tenere con i denti, mentre Virgilio, beh, è il “cattivo” del gruppo.
Eppure, qualcosa li farà rincontrare, di nuovo sui libri: il Ministero della Pubblica Istruzione ha annullato il loro esame di maturità e lo devono rifare, pena l'annullamento dei titoli che hanno conseguito successivamente…
E' Immaturi, secondo film in solitaria di Paolo Genovese dopo il “divorzio” da Luca Miniero e La banda dei Babbi Natale: sotto una lente d'ingrandimento disinvolta e leggera, ci sono vizi e virtù di 38enni assortiti, legati dal filo dell'immaturità, ovvero la mancanza o la precarietà delle attitudini necessarie alla crescita. Soggetto non nuovo, anzi già trito dai meccanismi della commedia italiana, ma che Genovese, anche sceneggiatore, cerca di oliare appoggiandosi su estro e alchimia agli attori -  bravini quasi tutti, super Memphis, fuori parte Luisa Ranieri  - e dando spazio non tanto all'improvvisazione quanto alla freschezza, alla (sensazione di ) spontaneità.
Insomma, l'obiettivo dichiarato è l'effetto paradigma, ovvero la cercata e sostanzialmente riuscita immedesimazione del pubblico, chiamato a riflettere col sorriso e non troppi pensieri in testa sulla nostalgia canaglia per gli anni belli delle superiori, quando (quasi) tutto era possibile.
Questo l'appiglio, poi, come titolo vuole, Immaturi torna al presente-presente, ovvero ai 40enni d'oggi, razza abbastanza grama, soprattutto sul grande schermo, complici Muccino e il Bova chez Moccia: ecco, è che qui Genovese vince la sfida, trovando una leggerezza anche ironica, evitando di prendersi sul serio o ancorarsi alla sociologia d'accatto, viceversa, spingendo il piede sull'acceleratore della commedia sentimental-brillante più che generazionale, con una regia senza fronzoli né inventiva, ma tutto sommato dignitosa.
Se Bova & Co. rimangono immaturi, il film passa l'esame: 60/100, la sufficienza.