Prova di maturità superata. Di nuovo. Il sequel di Immaturi, non previsto ma obbligato dopo il soprendente successo del primo (quasi 16 milioni di euro incassati in Italia nel 2011), funziona. Per quanto gli è richiesto. Tenendo un occhio al botteghino e l'altro pure. Non per forza è un difetto.
L'alchimia del cast - confermati tutti i protagonisti del precedente: Raoul Bova, Ambra Angiolini, Luca Bizzarri, Ricky Memphis, Barbora Bobulova, Paolo Kessisoglu e Anita Caprioli più il "battitore libero" Maurizio Mattioli - la leggerezza di tocco vagamente (molto vagamente) malinconica, la capacità di passare in rassegna il trito campionario tematico da rotocalco senza scadere nel sondaggismo (l'amore vacanziero, l'infedeltà, la malattia), l'uso senza abuso di stereotipi e l'ampia disponibilità della furbissima colonna sonora (bella però la canzone ad hoc di Daniele Silvestri, Il viaggio), ne fanno il tipico prodotto godibile di una serata senza impegno. Il che non vieta di confrontarsi con i passaggi a vuoto dell'età - quella in cui i vecchi compagni di scuola devono abbandonare la logica della comitiva per fare i conti con le responasbilità degli adulti: la fiducia di coppia, un figlio in arrivo, un male incurabile, la solitudine - e lo stato delle cose della commedia nostrana, vincente in patria e ignorata all'estero (perchè?).
Genovese si conferma regista di mestiere, una specie di Fausto Brizzi senza spocchia. La Grecia terra d'elezione per il cinema italiano in vacanza, il suo mare il nostro Mediterraneo, un bagno di realtà da una nave in bottiglia. Impossibile decidere se è l'Italia allo specchio o l'Italia a clichè. Nell'incertezza, il film offre non un monumento all'arte della commedia (ci mancherebbe), ma un momento di felicità nelle ore del grande scontento. Concedetevelo.