C'è sempre un mistero intorno al cinema di Ulrich Seidl: dove finisce la realtà e dove inizia la finzione? Con il regista austriaco di Canicola e della trilogia Paradies è sempre molto difficile capirlo. Nell'abisso di Im Keller (In cantina) diventa praticamente impossibile scoprirlo.

Una donna scende le scale, apre una porta, la richiude dietro di sé, e da una scatola tira fuori un bambolotto che dorme, lo culla, ci parla come se fosse il figlio/la figlia, poi lo ripone e se ne va. In un'altra casa, un uomo sposato sembra trascorrere gran parte del suo tempo in un'altra abitazione sotterranea, completamente arredata: sui muri tanti quadri, in bella vista un ritratto di Hitler, poi cimeli e manichini di soldati nazisti. Ed è lì, in cantina, che quell'uomo accoglie il resto dei componenti della sua piccola banda musicale, bevendo fino all'inverosimile. Un altro si è costruito una sorta di poligono di tiro: tra uno sparo e l'altro intona qualche opera lirica e si produce in "interessantissime" disquisizioni razziste con altri amanti delle armi.

E' solamente l'inizio di un viaggio nelle viscere di un paese che, "spiato" da Seidl (ideatore del film insieme alla moglie Veronika Franz, anche lei a Venezia con Goodnight Mommy, in Orizzonti), mostra il lato più oscuro e perverso di sé. Un'escalation di ossessioni, che porta dagli agghiaccianti trofei di caccia di un fanatico "safarista" agli altrettanto indelicati strumenti di piacere con cui una donna padrona trae godimento grazie al suo compagno schiavo: Seidl non ci nasconde nulla, a differenza di quello che i suoi protagonisti fanno in superficie, al di sopra di quei mondi sotterranei. Dove si rifugia anche una masochista di mezza età, che si racconta alla macchina da presa nuda e incaprettata: "Amo il dolore in ogni sua forma... Lavoro alla Caritas, aiuto le donne che subiscono violenze". Paradossi di esistenze al limite, inquadrate da Seidl con il solito apparente distacco con cui lo scienziato osserva particelle al microscopio. Un cinema non per tutti, quasi per nessuno. Anche per questo, forse, impareggiabile.