Italia, 19 luglio 1943. Mentre gli alleati bombardano lo scalo ferroviario di San Lorenzo facendo migliaia di vittime, il commissario Franco Dogliani (Michele Placido) indaga sulla morte di una prostituta, Costantina (Barbara Bobulova), uccisa con un colpo d'arma da fuoco nel suo appartamento romano. Il delitto sembra interessare anche le autorità che fanno di tutto per ostacolare le ricerche del poliziotto. Nel frattempo il fratello di Dogliani, Ettore (Alessandro Preziosi), si lega ai partigiani mentre la sorella Lucia (Alina Nedelea) decide di arruolarsi nella X Mas. Costruito come un lungo flashback sui ricordi di un sopravvissuto alla guerra civile italiana l'adattamento del Sangue dei vinti di Giampaolo Pansa è talmente (di)sgraziato da far dimenticare le polemiche che avevano preceduto il suo passaggio in sala. Il dibattito - che fino ad oggi aveva pregiudicato ogni discussione sul film - scivola in secondo piano, azzerato da un cinema fatto coi piedi, imbarazzante anche in previsione del suo riciclo televisivo. Troppo lungo l'elenco delle tare in quello che può essere considerato il peggior Soavi di sempre. A iniziare dalla sceneggiatura di Sebastiani e Sacchetti che, nel riarrangiare il romanzo-inchiesta, irridono ogni richiesta di plausibilità, caricando il racconto di episodi eclatanti e coincidenze oltre ogni legge statistica, dialoghi assurdi e sentenze pompose e fasulle ("Le bombe sono tutte uguali, ma gli uomini che le buttano sono diversi", dice Placido all'esterrefatta - e non è la sola! - Nedelea); per continuare con la recitazione, taroccata come una telenovela venezuelana, fastidiosamente enfatica, psicologicamente povera e farcita di sguardi smarriti; finendo con una messa in scena svaccata, banalmente fotografata in grigio, sommersa da uno score che invece di sottolineare il patema lo provoca. E alla fine di "scomodo" rimane solo la poltrona in sala, dalla quale ci si vorrebbe alzar presto. Ricordare che di atrocità, durante e dopo la resistenza, si macchiarono tanto i partigiani quanto i repubblichini è legittimo. Infierire sullo spettatore no.