Purtroppo ne è passato di tempo da quando Bill Condon ci ha regalato quel gioiello di cinema di Demoni e dei. Da quel momento per il cineasta sono arrivati film dimenticabili come Kinsey e Dreamgirls, un paio di orrendi episodi di Twilight e adesso questo nuovo Il quinto potere, incentrato sulla figura ambigua di Julian Assange e del suo celeberrimo sito. Incerto sul tono con cui narrare la vicenda, Condon tentenna indeciso tra il film d'impegno civile e l'action-thriller che strizza l'occhio alla saga di Jason Bourne, in particolar modo nella scelta delle musiche e nell'uso della macchina a mano. Il risultato è un guazzabuglio di trovate registiche che però rimangono tra loro slegate, in cui non riesce a distinguersi neppure il solitamente carismatico Benedict Cumberbatch. Accanto a lui quel Daniel Brühl che, dopo averci entusiasmato nel bellissimo Rush, con una prova in questo caso abbastanza opaca avvalora ancor più la grande direzione d'attori di Ron Howard. Il problema maggiore di questo progetto è la confusione che lo pervade. Cosa si voleva raccontare con Il quinto potere? Una domanda fondamentale a cui Bill Condon non ha saputo rispondere, prima di tutto a sé stesso.