In un regno lontano Bolzano, la principessa Letizia (Sarah Felberbaum) è frustrata perché i sudditi e i rotocalchi – sì, i rotocalchi… - la trattano con indifferenza: che fare? Mentre il re si dà alle escort, la figlia segue il consiglio del ciambellano (Christian De Sica) e finge di innamorarsi del disoccupato napoletano Antonio (Siani), onde creare scandalo e attirare attenzione mediatica scopo beneficienza. E così il poveretto lascia un impiego part-time da cavia umana e si trasferisce a castello, dove lo raggiungeranno due amici improbabili e la verace cugina (Serena Autieri): problema, è vero amore?
Dopo i due Benvenuti al Sud e al Nord, Siani esordisce alla regia, scrivendo a quattro mani con Fabio Bonifacci: non l'avesse mai fatto. Non si ride, in 97 minuti le battute a segno stanno sulle dita di un moncherino, il romance è rosa stinto, tutto è trito che più trito non si può, e scomodare My Fair Lady e Il conte Max non fa che stigmatizzare il problema.
“Volevo parlare di ricchezza e povertà”, dice il neoregista, ma bisogna interpretarlo: la ricchezza deve stare nel budget e nel numero di copie (quasi 550) messi a disposizione da Cattleya e Rai Cinema, la povertà va rintracciata negli esiti “artistici”.
Non bastasse, il non ci resta che piangere riguarda pure gli attori: Siani e la Autieri si litigano storpiature del calibro di ciambellone/ciambellano; De Sica, per rimanere in tema, conferma che non tutti i ciambellani escono col buco; la Felberbaum dimostra una singolare coazione a ripetere: sorriso, la testa che s'inclina, gli occhi che s'abbassano. Pudicizia al potere? Repetita iuvant? Chissà, per ora rimane in piedi una certezza: questo è abusivismo cinematografico.