Il treno come casa. Per alcuni una necessità, per altri uno stile di vita. Come quello che si è scelto Arturo, anziano pensionato, che "piuttosto che il ricovero, è meglio vivere sui treni. Ci si sente liberi, nessuno ti rompe le scatole". Questo il tema de Il passaggio della linea, documentario pensato e girato altrettanto bene da Pietro Marcello. Il film nasce da un'idea del regista che di vagoni, rotaie e stazioni ha da sempre un'assidua frequentazione. La sua indagine parte dalla curiosità di indagare le vite di quei personaggi che per ragioni diverse si trovano ad abitare nei treni, specie negli espressi a lunga percorrenza, che viaggiano ininterrottamente da nord a sud. Vecchie carrozze, veri e propri "Train de vie". Nel filmato voci e volti di ogni razza e provenienza sono catturati in primo piano: sono migranti, pendolari, ex carcerati, vecchi. Vite che si consumano ai margini e che sono per forza di cose sempre in movimento. Dall'interno dei vagoni la videocamera riprende anche i paesaggi esterni, fotografati con tutta la suggestione possibile, che variano in continuazione testimoniando così quella libertà che dicono di provare gli abitanti dei treni. "La cosa più interessante al mondo è quella di essere vivi. Tutto il resto non conta niente", dicono. Grazie a Il passaggio della linea, un mondo sotterraneo ed alternativo viene alla luce, con efficacia e poesia. E si scopre, nello svolgersi del filmato e delle testimonianze, che è meno raro di quanto non appaia. Per girare il film, preparato nell'arco di un anno, Pietro Marcello e la sua troupe hanno trascorso settimane sui vagoni e nelle stazioni, esplorando ogni angolo sulle tracce di Arturo ed altri suoi simili, nemici dichiarati della stanzialità. Il passaggio della linea è stato coraggiosamente prodotto dalla Indigo Film (la stessa dei film di Paolo Sorrentino e de La ragazza del lago presente qui a Venezia) senza alcun aiuto esterno o ministeriale.