La via che conduce al matrimonio è lastricata di buone intenzioni (progressiste, politicamente corrette), ma si rivela un tour-de-force tradizionale, socialmente obbligato, borghesemente omologato a quello di tutti in occidente. Senza percorsi "alternativi", senza possibilità di vivere alla propria maniera i riti di preparazione alle nozze. Insomma, oggigiorno una coppia giovane si trova a subire - più o meno inconsciamente - le tappe che precedono la fatidica cerimonia, piuttosto che gestirle restando fedeli alle proprie idee. E' la riflessione di Il giorno + bello, opera-prima di Massimo Cappelli, girata a Trieste. Una tragicommedia che mostra due trentenni - Leo e Nina - alla stregua di "forzati" delle nozze, ribelli mancati e quasi rassegnati burattini, costretti a recitare un copione già decodificato da soggetti esterni: genitori, amici, colleghi di lavoro, a loro volta obbedienti a un automatismo sociale immutato da secoli. Il film procede per capitoli introdotti da originali "cartelli": la lista degli invitati, i testimoni, etc., fino all'addìo al celibato ed altre "tentazioni" della vigilia da parte di lui (dove lo humour s'involgarisce). Il percorso paradossale è divertente e mostra caricature dei luoghi comuni - di destra o di sinistra - che ricordano certi film di Nanni Moretti (vedi la figura del frate, fedele a Dio e a Marx). Se diversi sketch funzionano, è la tesi di Cappelli che resta discutibile. Lui si esprime da laico che critica le convenzioni. Magari ignora che esistono altre coppie per cui le tappe tradizionali e lo sposarsi in chiesa non sono una pura formalità…