Chissà se John Patrick Shanley si è ricordato di Bertolt Brecht quando ha scritto Il dubbio. Probabile. Tra il regista americano - autore anche dell'omonima piéce teatrale - e il drammaturgo tedesco non mancano le affinità. L'apprendistato cristiano, la concezione epidittica del teatro, lo scetticismo come prassi politica e morale. "Di tutte le cose sicure la più certa è il dubbio", ha scritto Brecht. Di tutte le scelte morali é la più morale, chioserebbe Shanley. Certo Shanley predilige l'emozione e il sentimento, Brecht la geometria razionale delle idee. La sostanza è però la stessa, con la differenza che il regista de Il dubbio sovrascrive la dialettica ferrea del tedesco con le passioni del dilemma personale. Siamo nel 1964, in una scuola cattolica del Bronx. Padre Flynn (Philip Seymour Hoffman) fa parte dell'ala progressista della chiesa, convinto che i rigidi costumi della scuola debbano cambiare. Sorella Aloysius Beauvier (Meryl Streep) è invece la preside dal pugno di ferro, fautrice dello status quo e ostile a ogni forma di rinnovamento. La diffidenza tra i due diventerà guerra aperta quando l'ingenua sorella James (Amy Adams) condividerà con la suora più anziana i sospetti su padre Flynn e il suo rapporto con un bambino di colore. Chi s'aspettava provocazioni e riferimenti espliciti alla pedofilia rimarrà deluso da Il dubbio, dove lo scandalo è solo il fantasma di una mente ossessionata dal peccato e dal castigo. E' vero che il film di Shanley - un kammerspiel raggelato dalle "luci d'inverno" di Deakins - non scioglie le ambiguità dell'intreccio, ma che le sue simpatie siano dalla parte del protagonista maschile è palese dal trattamento dei due personaggi, dai dettagli fotografici (lei in penombra, lui in piena luce) al loro posizionamento davanti alla macchina da presa (lei isolata e quasi sempre inquadrata di lato, lui "in mezzo" agli altri e al centro del quadro). Nel mirino il carattere puritano e persecutorio di una cultura che ha costruito (talvolta) le sue certezze al prezzo di un rigido manicheismo, tanto che Il dubbio potrebbe essere l'ultimo film plausibile sull'America teocon. Un affresco d'epoca rivolto al presente (e i riferimenti a due campioni dell'idealismo nazionale come Roosevelt e Kennedy la dicono lunga), calato - non a caso - nel microcosmo allegorico di una parrocchia, in quello spazio simbolico in cui riecheggia forte il refrain etico/politico degli ultimi anni: la religione. Più teatro che cinema, e messa in scena tutta al servizio della parola e degli attori: meglio Hoffman - più controllato - della Streep. Da Oscar la Adams, meno comprensibile la candidatura della Davis (una comparsata la sua). Peccato per l'enfasi di alcune sequenze e per il finale, del tutto ridondante.