Il ritorno alla terra, la ricerca di un passato tradito. Il mondo corre troppo in fretta, il rischio è di dimenticare ciò che è stato, di perdere la memoria delle cose. Così I villani vuole essere un viaggio in una realtà che sta scomparendo, quella dei prodotti fatti con le proprie mani, sul tavolo di casa, lontano dalle industrie e dalle loro contraffazioni.

La cucina regala piatti prelibati, ma dipende soprattutto dalle materie prime. Farina, pomodori, pesce fresco, latte, sono tutti ingredienti che stanno alla base del vivere sano. Ce lo raccontano Totò (un contadino di Alcamo, in Sicilia), Modesto e Brenda (due allevatori del Sannio, in Campania), Luigina (contadina che vive sul Monte Pasubio, in Trentino), Santino e Michele (pescatori di Taranto, in Puglia). La voce narrante è di Lino Maga, vignaiolo dell’Oltrepò Pavese.

 

Sono storie lontane tra loro, ma fatte della stessa pasta: il bisogno viscerale di tornare alla natura, di abbandonare la frenesia di produrre a tutta velocità. “Voglio essere libero. Alzarmi alla mattina e sentirmi felice, perché in mare so di poter fare quello che voglio”, spiegano Santino e Michele sulla loro barca.

La giornata inizia all’alba. Chi lavora nei campi si prende cura delle piante, chi deve pescare, abbandona la costa. Ognuno sembra non pensare alla fatica, hanno tutti il sorriso in faccia. Si tratta di una passione che viene dal profondo, che alcune persone (non personaggi) raccontano alla macchina da presa in un documentario prezioso, lontanissimo nello stile dai ritmi frenetici delle immagini fatte a uso dei tanti “consumatori”, di merci e di vita.

I villani è un documentario che nasce dalla splendida verità de L’albero degli zoccoli, dal realismo magico di Padre padrone, che ha anche ispirato Lazzaro felice di Alice Rohrwacher. Per quanto riguarda il cinema “del reale”, il film segue la scia di Lorello e Brunello di Jacopo Quadri, con il suo amore per una società rurale, che si fonda sull’amicizia e sulle consuetudini tramandate di padre in figlio. I nonni temono che i loro segreti si perdano, le nuove generazioni inseguono un futuro diverso, dove non c’è posto per la sveglia al sorgere del sole e le vacche da mungere.

I protagonisti preparano i loro sughi e le pietanze con metodi di altri tempi, che “non potrebbero mai essere accettati dalle aziende che si trovano nei grandi supermercati”. Mangiare, sembra dire il regista Daniele De Michele in questa sua opera molto sincera, non è solo una necessità, ma un modo di esistere. La salute, sia mentale che fisica, è il primo dei valori che dovremmo perseguire. Invece accettiamo di non riflettere, di reprimere i nostri bisogni per omologarci ai ritmi che ci vengono imposti, uccidendo la nostra storia in nome del progresso.