Il futuro è distopico, gli Stati Uniti non esistono più. Non è una contraddizione, ma la realtà della nazione di Panem, costruita sulla macerie stelle & strisce, con più di qualche implicazione mitologica, echi romani (panem et circenses, Campidoglio e gladiatori…) e survival senza tempo. A combattere per il “pollice su” ora sono i Tributi, due adolescenti per ciascuno dei 12 distretti di Panem, costretti ad affrontarsi in un reality letale, gli Hunger Games, con cadenza annuale. Come voleva Highlander, ne rimarrà solo uno, e a giocare sporco è la demagogia del potere centrale: il tv-show è il memento (mori) di una passata rivolta.
Tra i concorrenti della 74esima edizione di questi Giochi sui generis, in cui partecipare è sfiga conclamata, vincere un imperativo darwiniano, c'è Katniss Everdeen (Jennifer Lawrence), bella e tosta ragazza di campagna: con l'arco ci sa fare, con il cuore di più, e così si offre volontaria al posto della sorellina. Per salvarsi, potrà contare su se stessa e - si fa per dire - un coach ubriacone, Haymitch Abernathy (Woody Harrelson), e l'ambiguo compagno di distretto, Peeta Mellark (Josh Hutcherson).
E' Hunger Games, diretto da Gary Ross e tratto dal bestseller di Suzanne Collins: 26 milioni di copie solo negli Usa, trasformate al box office patrio in 340 milioni di dollari in meno di un mese, 152 nel solo weekend di apertura. Film negli occhi, non c'è da stupirsi: complice l'ottima prova della 21enne Jennifer Lawrence e il suo cursus honorum (The Burning Plain, Un gelido inverno), si intuisce il segreto di Hunger Games, un film a vocazione blockbuster ma girato con spirito indie e un guerrilla style che passa senza colpo ferire alle ottiche dell'Isola dei famosi.
Dunque, la spilla circolare e infuocata di Katniss trova la sua quadratura: non è un'operazione letteral-cinematografica alla Twilight, bensì un'onesta strizzata d'occhio alle disforie del presente, su tutti il connubio potere-massmedia, con il cinema che non è questo sconosciuto, dal nipponico Battle Royale di Fukasaku Kinji a L'implacabile con Arnold Schwarzenegger, passando per il recente Live con Eva Mendes.
Nel finale, però, l'inversione che (non) t'aspetti: se vinci i Giochi, i Giochi ti vincono, e spunta un sorriso di plastica, mentre il tuo compagno - chi ha partecipato al Grande Fratello potrà agevolmente confermare… - non è più quello che ti sei scelto, ma quello che ti è stato scelto a favore di telecamera.
Insomma, di motivi per trovarsi a pancia piena di fronte a questi Giochi della Fame ce ne sono, il principale è addirittura involontario: un film di Sistema che attacca il Sistema. Una furba demagogia, come per i Games di Panem, o un'imponderabile falla? Scagliate una freccia, il bersaglio è la vostra testa.