Uno dei temi portanti della 55ª edizione del Festival di Berlino è la politica, vista come profonda e sentita denuncia dei fatti. E' un interesse che accomuna molte pellicole in concorso e nelle sezioni collaterali. Politica come racconto di tante emergenze in giro per il mondo, ma anche testimonianza di molte battaglie. Come quella avvenuta nel Rwanda a metà degli anni '90 e che Terry George, sceneggiatore, produttore e già regista di Una scelta d'amore, racconta con un taglio da cronaca, aiutato dai protagonisti, Don Cheadle (Paul Rusesabagina) e Sophie Okomedo (Tatiana). Al centro della storia il conflitto che dal 1994, impera nel paese africano e che vede schierati due opposte fazioni: gli Hutu e i Tutsis. In quell'anno l'aereo con a bordo il presidente Habyarimana, esplode in quello che sembra assumere i contorni di un attentato. E' da quel momento inizia un enorme genocidio. Gli Hutu iniziano a massacrare i Tutsis. Li cercano, gli stanano, gli uccidono. Terry George, sceneggiatore tra l'altro di alcuni film di Jim Sheridan, in Hotel Rwanda racconta la storia di Paul, gestore di un grande albergo, Mille Collines, che cerca di salvare più vite possibili, rifugiando più di mille persone all'interno della struttura. La sua è una lotta difficile. Accanto a lui le truppe americane chiamate ad evacuare dalla zona, turisti e americani. In questa storia esistono numerosi paradossi legati alla figura di Paul. Primo fra i quali l'appartenenza alla fazione degli Hutu, che se da un lato gli permetterà di avere maggiore libertà di movimento, dall'altra lo porterà a prendere decisioni difficili per salvare la sua famiglia, la moglie infatti appartenente alla fazione dei Tutsis. All'interno del tessuto narrativo non c'è posto per la retorica. Il regista irlandese attraverso la figura di Paul, ci parla di quest'assurdo conflitto. L'hotel diventa il simbolo di una resistenza nei confronti dei sopprusi ma anche dell'impotenza diffronte alla macchina dei soccorsi. L'esercito americano, la stampa, sembrano non poter fare nulla rispetto a questa tragedia. Serviranno numerose telefonate, moltissimo denaro ma soprattutto molto coraggio, dettato dall'amore per gli altri. E se, alla fine, il Mille Collines, perderà il suo potere di roccaforte, questo non succederà alle persone che vi si sono rifugiate.