Una gioventù non più bruciata. Accantonate tutte le forme di eccesso, le fughe dalla realtà, l'opposizione ideologica nei confronti di una società troppo spesso sorda nell'ascoltare le richieste di aiuto e condivisione, ai protagonisti dei film di "Alice nella città" rimangono altri mezzi e sensibilità per fronteggiare un futuro più che mai incerto, o la solitudine e la difficoltà della malattia. Accade al film, buono e non buonista, del fiammingo Geoffrey Enthoven Hasta la vista!. Ha un pregio inaspettato, come lo è la carica di vitalità e di ottimismo che lo pervade: non vivere di pudore nei confronti dell'handicap. Per nulla convenzionale, racconta di come tre amici olandesi con tre diverse disabilità - un tetraplegico e un malato terminale entrambi in carrozzella e uno quasi completamente cieco - con la scusa, raccontata ai genitori, di un viaggio eno-gastronomico, partano per la Spagna per programmare, invece, la loro prima esperienza sessuale, per rivendicare così la loro uguaglianza ai coetanei, per sentirsi pienamente inseriti nella normalità. Si imbarcano su un pullmino attrezzato e sgangherato accompagnati da una robusta infermiera che dimostrerà, sotto il vello della rudezza e dell'indifferenza, un cuore d'oro. Si tratta, dunque, di un bellissimo e desueto road movie ove con ironia e dolcezza ci si riconcilia con l'handicap e chi lo vive. La destinazione che si profila all'orizzonte, non più un miraggio, dopo diverse avventure innescate da piccole cose che sono quotidiane per noi e novità assolute per loro (tipo la chiave magnetica di un albergo), non sarà soltanto lo svelarsi del corpo e della vita, ma anche della morte. Coscienti che il dolore, anche quello invincibile, si affievolisce e si sopporta, e il male spunta le sue armi trovando dinnanzi la forza di un sorriso, la delicatezza di una carezza, una risata sincera, insomma l'amore per la vita.