Scaduto il contratto in fabbrica, Eva (Alexandra Pirici) parte da Bucarest per raggiungere Melfi, paesino dell'entroterra meridionale italiano, da dove qualcuno continua a scriverle cartoline. La prima persona che incontra è Anna, giovane operaia FIAT, con padre disoccupato, mamma tuttofare e nonna malata costretta su un letto in casa loro. Probabilmente per fretta, la ragazza offre ospitalità ad Eva. Che è arrivata fino lì per mettersi sulle tracce di una donna, finendone per spiare ogni movimento. Fino alla resa dei conti.
Esordio al lungometraggio di finzione per Massimo Coppola, noto vj di Mtv (soprattutto per il programma "BrandNew") e documentarista (nel 2007 il suo Bianciardi! venne presentato ai Venice Days), Hai paura del buio sembra procedere da un lato seguendo con doverosa attenzione l'insegnamento dell'ultimo cinema rumeno (e i suoi più noti rappresentanti, da Mungiu a Puiu, passando per il Francesca di Paunescu), quindi puntando molto su essenzialità e rigore per - come sottolineato dal regista stesso - "tentare di mettere ordine nel caos", dall'altro misurandosi con l'innegabile bagaglio musical-culturale del suo autore, che attraverso un iPod trovato per caso da Eva insiste forse troppo con sottolineature diegetiche alla lunga controproducenti (eccezion fatta, forse, per la sequenza della morte della nonna di Anna, contrappuntata dall'aumento di volume del televisore mentre canta Tiziano Ferro...): quello che resta, comunque, oltre ad alcuni snodi tanto necessari quanto forzati (com'è possibile che Anna, trovata Eva a dormire nella sua auto, decida così frettolosamente di portarla dentro casa? E, soprattutto, che il padre della prima ceda con tale noncuranza le chiavi dell'auto alla nuova arrivata?), è la solidità di un racconto che attraverso la splendida prova delle due protagoniste (con Erica Fontana all'esordio sul grande schermo) dimostra come alcuni percorsi di vita finiscano necessariamente per intrecciarsi. Da un lato affrontando a muso duro un'assenza durata 20 anni, dall'altro cominciando a riflettere sul peso di un'esistenza gravata da responsabilità prese forse troppo presto.