Due storie uguali e contrarie, quelle di Aman (Said Sabrie), teenager di origine somala, e del romano Teddy (Valerio Mastandrea), ex pugile 40enne, unite dalla ricerca dell'identità, un'identità trasversale. Per entrambi, si tratta di un romanzo di formazione: crescita verso la vita per Aman, crescita verso la morte per Teddy, in un intreccio di esistenze, corpi e parole supportato da una palese, e ambiziosa, volontà di stile.
Immigrazione senza "sfiga", insonnia multiculturale e una nausea che decenni dopo Sartre è ancora più invasiva e nonsense: tutto questo, incredibile e vero, in un film italiano, l'opera prima del premiato cortista Claudio Noce, Good Morning Aman, in concorso alla Settimana della Critica e poi in sala con Cinecittà Luce.
Radicalizzando poetica e stile di Vicari sotto il faro di Cassavetes, il 34enne regista costruisce un viaggio al termine della notte nei dintorni di Piazza Vittorio, incrociando le derive di Valerio Mastandrea - mai così bravo - e del protagonista Said Sabrie, somalo de Roma. Noce (si) concede qualche sbavatura, mette troppa musica e nella seconda parte allarga il campo perdendo in definizione, ma non si nasconde e ritrae il malessere globale senza se razziali e senza ma generazionali. Firmando una delle opere prime, se non l'opera prima, più importanti degli ultimi anni.