Finalmente anche la Bulgaria inizia a dire la sua: poco considerato a livello internazionale, il cinema bulgaro sembra aver trovato due buoni autori in Kristina Grozeva e Petar Valchanov.

Dopo The Lesson – Scuola di vita, i due registi convincono anche con Glory, film tra i più interessanti del Festival di Locarno 2016.

Al centro c’è la vita di Tsanko Petrov, un ferroviere che trova sui binari milioni di lev e decide di consegnare l’intera somma alla polizia. Lo stato “riconoscente” lo ricompensa con un nuovo orologio da polso… che smette ben presto di funzionare.

È un soggetto originale e interessante quello alla base di questo “piccolo” ma significativo lungometraggio, che racconta la disperata battaglia del suo protagonista per riottenere non solo il suo vecchio orologio ma anche la sua dignità.

Così come nella pellicola precedente, Grozeva-Valchanov firmano un lavoro di buono spessore sociale e politico, quasi tragicomico nel suo andamento narrativo ma capace di lasciare il segno.

Se la messinscena è semplice e non ci sono sequenze di ampio respiro, il disegno complessivo è comunque incisivo e abile nel colpire a dovere il cuore di una nazione incapace di soddisfare i bisogni dei suoi cittadini.

Dramma avvincente ed essenziale, Glory è un prodotto che sa anche criticare l’universo mediatico del paese che racconta con una sequenza che arriva a far coincidere efficacemente politica e pubblicità: un momento, come altri presenti durante la visione, in cui si può anche sorridere, ma che lascia un’amarezza di fondo fino al termine dei titoli di coda.

Il risultato è un’opera onesta e sincera, indubbiamente modesta sul versante puramente estetico ma comunque coraggiosa e diversa dalla stragrande maggioranza dei film che si vedono abitualmente nelle nostre sale.

La forza sta anche nella costruzione del personaggio principale, un umile operaio che, pur non volendolo, si troverà a vivere un momento di “gloria”: buon lavoro dell’attore principale Stefan Deolyubov ma l’intero cast è ben diretto.